
Un caso che sta facendo molto discutere sui social e negli ambienti diplomatici è quello di Stefano Barazzetta, un dipendente delle Nazioni Unite che, dietro a un profilo apparentemente pacato su X (ex Twitter), ha pubblicato contenuti intrisi di odio, insulti e attacchi diretti a figure istituzionali italiane, fino ad arrivare al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. In un post poi cancellato, Barazzetta ha scritto: “Un vigliacco che disonora la Repubblica e la Costituzione. Questo sei, Mattarella”. Un’uscita gravissima, proprio nel giorno in cui il Capo dello Stato aveva lanciato un appello alla Flotilla per la sicurezza dei partecipanti e la tutela della missione umanitaria.
Il post, rimosso dopo pochi minuti, è stato però catturato e diffuso da molti utenti, che hanno segnalato l’episodio alle autorità, taggando la polizia postale. Non è chiaro se il gesto sia stato frutto di un momento d’impulsività o di una linea comunicativa consapevole. Fatto sta che le parole di Barazzetta – dipendente dell’UNCDF, il Fondo ONU per lo sviluppo del capitale – rischiano di avere conseguenze anche sul piano professionale e istituzionale, dato l’incarico che ricopre in ambito internazionale.

Barazzetta è già noto per i suoi frequenti post a sostegno della causa palestinese, ma il suo stile è stato più volte definito violento e diffamatorio. Dai video cruenti provenienti da Gaza ai commenti denigratori contro esponenti politici, diplomatici, giornalisti e forze armate, il suo profilo si è trasformato in una vera e propria centrale dell’odio. Tra i bersagli principali anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, colpevole – secondo lui – di comportamenti pubblici “poco istituzionali” per aver partecipato a un concerto.
Le invettive non si fermano alla politica. In un post indirizzato alla giornalista Giulia Sorrentino, “colpevole” di essersi fatta fotografare con un soldato israeliano in visita a Roma, Barazzetta rilancia un commento che definisce il militare un “terrorista dell’IDF” e chiede addirittura la reintroduzione dei visti per gli israeliani. Un’escalation che ha portato più utenti a chiedersi come sia possibile che una figura legata alle Nazioni Unite possa permettersi simili dichiarazioni pubbliche.
Anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, è finito nel mirino. Barazzetta lo ha insultato definendolo “somaro” in un post sprezzante sullo status giuridico delle acque antistanti la Striscia di Gaza. Un linguaggio che, nel contesto della crisi internazionale in corso, appare fuori luogo, provocatorio e dannoso, soprattutto considerando il ruolo di neutralità richiesto ai funzionari internazionali.

L’attacco a Mattarella, però, rappresenta un punto di non ritorno. Non è la prima volta che Barazzetta critica aspramente il Presidente, ma nel giorno dell’appello alla Flotilla ha superato ogni limite, pubblicando ben tre post ostili. In uno di questi, riferendosi a un commento del sondaggista Lorenzo Pregliasco, scriveva: “Ora ci genuflettiamo tutti a San Mattarella e al suo Sacro Verbo”. In un altro ancora, ha insinuato: “Mattarella dovrebbe salire sulla Flotilla. Il resto sono chiacchiere inutili. La Storia lo giudicherà, noi pure”.
L’ambiente diplomatico e politico si interroga ora sulla compatibilità di questo comportamento con il ruolo ricoperto da Barazzetta. L’UNCDF non ha ancora emesso alcun comunicato ufficiale, ma diverse testate italiane stanno seguendo l’evoluzione della vicenda, che potrebbe trasformarsi presto in un caso internazionale. In molti, anche sui social, invocano l’intervento dell’ONU o della Farnesina per valutare l’eventuale incompatibilità del comportamento con i principi della funzione pubblica internazionale.
L’intero episodio pone una questione molto seria: fino a che punto può spingersi la libertà di espressione di un dipendente di un’istituzione multilaterale, soprattutto quando si traduce in insulti al Capo dello Stato, incitamento all’odio e delegittimazione delle istituzioni democratiche? Un interrogativo che resta aperto e su cui, probabilmente, non tarderanno ad arrivare risposte.