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“Costretto a farlo, perdo un pezzo del mio cuore”. Giampiero Mughini, parole piene di dolore

Pubblicato: 27/09/2025 11:49

Una biblioteca sterminata, un patrimonio incredibile che sfugge a qualsiasi contabilità precisa. I libri possono essere 20 mila come 25 mila: nemmeno Giampiero Mughini lo sa con esattezza. Ma il giornalista e scrittore ha oggi una consapevolezza più dolorosa: una parte di quel tesoro deve venderla, perché ha bisogno di soldi. «Non c’è più nessuno che mi proponga un lavoro. Da quando sono stato male hanno smesso tutti di chiamarmi» ha raccontato a Il Foglio. Gli amici? «Evaporati». I risparmi? «Miserie».

Il volto di Mughini è sparito dalle trasmissioni televisive che sapeva infiammare con la sua verve polemica e colta. Per anni è stato una star dei programmi sportivi, ma molti lo ricordano soprattutto per i suoi interventi al Maurizio Costanzo Show. Da tempo, però, il giornalista è lontano dai teleschermi, senza una ragione precisa. E la mancanza di quelle entrate si fa ora sentire, spingendolo a una scelta dolorosissima: tagliare una parte di sé.

Tra i pezzi pregiati di cui dovrà privarsi ci sono prime edizioni rarissime. «Le prime edizioni di Pavese, Calvino, Campana, Gadda, Sciascia, Fenoglio, Pirandello, Bassani, Moravia, Bianciardi, Montale, Ungaretti… — spiega a Il Foglio — nella vita non ho saputo mettere niente da parte, tranne i miei libri».

Quei libri sono stati cercati in capo al mondo, raccolti e selezionati con amore e dedizione. Una parte è già stata ceduta al libraio milanese Pontremoli, amico di lunga data di Mughini. «Però alcuni non li vendo, non potrei. I tre libri di Italo Svevo, che sono di leggendaria rarità. I libri di Umberto Saba, perché su Trieste ho scritto un libro al quale tengo molto, e poi Carlo Dossi, che mi piaceva per com’era. Credo di somigliargli».

Privarsi di quei libri è diventata una necessità. «È una sofferenza indispensabile. La vendita sarà accompagnata da un catalogo. Così almeno un libro resta mio, e lo firmano pure. Ma sì, è un colpo al cuore. Lo faccio perché è necessario. L’unico lavoro che ho è l’articolo che scrivo ogni martedì su Il Foglio. Con quello ci faccio una dieta intermittente, che fa pure bene alla salute dicono».

Quanto alla sua salute, Mughini non nasconde le difficoltà: «Ho avuto problemi. Ma sì, ora sto bene. Se però tu mi dici di andare da qui al mio bagno ci vado con un po’ di fatica». Un quadro realistico che racconta l’età che avanza e la fragilità fisica.

«Il medico mi ha detto in un linguaggio chiarissimo che io sono giunto al momento in cui devo “gestire” la mia vecchiaia. Non me ne ero accorto, pensa te. Perché di anni ne ho parecchi. Ottantacinque, per la precisione». Una frase che pesa come una diagnosi, ma che Mughini affronta con la consueta ironia.

E la morte? «Non ci penso. Perché se ci penso lei poi si monta la testa». Un modo per esorcizzare la paura, con quello stile unico e caustico che lo ha sempre contraddistinto, tra televisione, giornalismo e libri.

Così Mughini, l’uomo che per decenni ha fatto della cultura e della polemica raffinata la sua cifra, oggi si trova a dover vendere ciò che ama di più: i libri. Una decisione che racconta molto del presente difficile di un intellettuale che non ha mai smesso di cercare e di sfidarsi, anche nella fragilità dell’età.

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