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“Due anni di vita”. Giovanni Allevi, quelle parole terribili

Pubblicato: 27/09/2025 10:31

Da tre anni, il compositore Giovanni Allevi convive con un mieloma multiplo. Un percorso difficile che ha deciso di condividere pubblicamente con i suoi follower, trasformando il dolore in un racconto intimo e ispiratore. In un’intervista al Corriere della Sera, Allevi parla della sua esperienza tra ospedali, flebo e musica, con la delicatezza e la lucidità di chi ha scelto di affrontare la malattia con coraggio e consapevolezza.

«È un momento bellissimo quando alla fine di una infusione (la mia ventitreesima!!) ti portano il budino al cioccolato», scrive sui social. Ed è proprio da questo dettaglio semplice e quotidiano che parte il dialogo. «Per me è una festa», dice con un sorriso, raccontando come quelle infusioni, pur debilitanti, rappresentino un passo verso la vita. Non si tratta di chemioterapia, ma di un farmaco che rafforza le ossa e lo lascia spossato per dieci giorni: «Mi fa stare male, ma serve. E io sorrido lo stesso».

Il sorriso è la chiave. «Quando entri nella bolla esistenziale della malattia – spiega – hai due scelte: cedere alla disperazione o resettare tutto e guardare alla vita con un sorriso». La sua forza nasce anche dal contatto con gli altri pazienti all’Istituto dei Tumori: «Un luogo sacro, pieno di guerrieri. Ci abbracciamo, ci aiutiamo».

L’ospedale, racconta, è diventato la sua seconda casa. Non lo vive con repulsione, ma come un luogo in cui «si salva la vita». «Ogni volta che ne esco, porto via con me un pieno di umanità», dice. E aggiunge: «Ora vivo come non ci fosse un domani, ma con occhi nuovi». Un ribaltamento completo delle priorità: «Quando ero famoso cercavo il riscontro esterno. Ora mi basta la felicità di suonare per quindici persone, come agli inizi».

A chi gli chiede se riesce a pensare al futuro, risponde con lucidità: «Secondo le statistiche ho due anni davanti. Ma io festeggerò i 95, perché non credo alle statistiche». Il suo obiettivo non è riempire ogni giorno di attività, ma vivere con intensità ogni secondo. «Quando riesco a sentire che ogni attimo è un miracolo, allora sì, sto vivendo pienamente», dice. E gli succede spesso: «Quando cammino sui Navigli con il mal di schiena, abbraccerei tutti».

Il momento più duro? «La diagnosi. È devastante. Ti senti solo, nessuna parola ti conforta». Eppure, una frase della dottoressa è stata per lui un’àncora: «La diagnosi è il primo passo verso la guarigione». La solitudine, oggi, è ancora presente, ma ha imparato a trasformarla in introspezione: «Il mondo ha demonizzato il silenzio, ma è lì che si trova il contatto profondo con la nostra sorgente vitale».

Il 17 novembre uscirà al cinema “Allevi – Back to Life”, docufilm presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Racconta il suo ritorno alla vita, ma anche la sua arte. «All’inizio non volevo. Mi sentivo come un gatto sotto la credenza. Ma poi ho capito che il film ha una valenza sociale. Può dare forza». Il sogno? «Che chi lo guarda esca dalla sala e abbracci la prima persona che incontra».

Il documentario è un viaggio tra musica, ospedali e palcoscenici. «Durante il ricovero ho composto il mio Concerto per violoncello e orchestra MM22. È nato lì, tra angoscia e speranza. Ho voluto ripercorrere in musica ogni emozione provata in ospedale». Le telecamere lo hanno seguito tra sala prove, corsie e concerti. E lui, con disarmante ironia, conclude: «Sì, lo andrò a vedere al cinema. Poi tornerò sotto la credenza».

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