
Massimo D’Alema ha raccontato di aver visto Vladimir Putin durante una recente visita a Pechino e di essere rimasto colpito dal suo aspetto. «Molto affaticato, come **l’ultimo Berlusconi»», ha detto l’ex premier italiano ad alcuni amici al rientro dalla Cina. Un’osservazione che riaccende le speculazioni internazionali sulle condizioni di salute del presidente russo, che da anni è al centro di voci mai confermate — né del tutto smentite — dal Cremlino.
Il viaggio di D’Alema in Cina, dove ha partecipato alle celebrazioni per gli 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, aveva già sollevato polemiche. Non solo per la presenza accanto a Kim Jong-un, Aleksandr Lukashenko e Masoud Pezeshkian, ma anche per alcune dichiarazioni nostalgiche: «Confido che da qui venga un messaggio di pace, cooperazione e ritorno allo spirito di amicizia tra i popoli», aveva detto D’Alema a una tv locale.

Ma è proprio a Pechino che l’ex premier italiano avrebbe incontrato Putin da vicino. «Putin aveva al suo fianco due persone che lo sostenevano fisicamente», ha riferito D’Alema. Un dettaglio che, secondo chi ha raccolto la confidenza, non è stato dato alla leggera. Le immagini ufficiali dell’evento non mostravano nulla di strano, ma chi conosce la diplomazia sa bene che i dettagli informali spesso valgono più di mille dichiarazioni.
Il tema della salute di Putin è uno dei più discussi nell’intelligence mondiale. Negli anni gli sono stati attribuiti tumori, Parkinson, sindrome di Cushing e altre patologie. Il presidente russo, ex agente del KGB, ha reso la sua privacy sanitaria un vero e proprio caso di Stato. Durante ogni viaggio, gli 007 del Servizio di sicurezza federale raccolgono anche feci e urine per evitare ogni analisi genetica o farmacologica. Una prassi confermata da filmati, come quello del 2019 a Parigi, dove Putin esce da un bagno seguito da sei guardie del corpo.
Questa ossessione per la riservatezza si è ripetuta anche di recente, durante la visita in Alaska per l’incontro con Donald Trump. Ma la raccolta dei campioni biologici non è una prerogativa solo russa: anche i servizi segreti occidentali riconoscono che le tracce genetiche dei leader sono “una miniera d’oro”. Nonostante le smentite ufficiali, la CIA e l’MI6 continuano a raccogliere indizi, segno che il dubbio sulla salute del leader del Cremlino è ancora vivo.

D’Alema, per quanto riservato, non avrebbe parlato a caso. Ha evitato qualunque diagnosi, ma ha chiarito di aver visto un uomo stanco, sorretto da altri, e ciò lo ha colpito al punto da ricordargli l’ultimo Berlusconi: un paragone che in Italia non passa inosservato. La fragilità fisica del Cavaliere negli ultimi tempi è nota, e usarla come metro di paragone rafforza la sensazione che qualcosa in Putin non torni.
Naturalmente, nulla nel racconto di D’Alema costituisce una prova medica. Tuttavia, si aggiunge al lungo elenco di segnali e sospetti che circolano da tempo tra diplomatici, analisti e giornalisti. E poi c’è quel famoso fuori onda rubato a Pechino durante il vertice con Xi Jinping, che ha sollevato più di un sopracciglio.
Durante il dialogo informale, Xi ha osservato: «Una volta le persone morivano prima dei 70 anni. Oggi, a 70, sei ancora un bambino». Putin ha risposto parlando di biotecnologie, trapianti e persino di immortalità. Un siparietto curioso, ma anche inquietante, se letto alla luce della paura di perdere il potere e del tentativo di proiettare un’immagine di eternità.
Al di là delle speculazioni, l’ossessione per il controllo del corpo, l’assenza di trasparenza e il culto dell’invincibilità sono tratti comuni di tutti i regimi autoritari. Che sia vera o no una malattia, il fatto che il mondo continui a interrogarsi sulla salute di Putin è già, di per sé, un sintomo.