
Donald Trump ha aperto uno spiraglio che fino a ieri sembrava impensabile: togliere il veto americano alla fornitura di missili a lungo raggio all’Ucraina. Un passaggio che potrebbe cambiare il volto della guerra, ribaltando equilibri militari e politici. Al centro della partita ci sono i Tomahawk, armi capaci di colpire fino a 2.500 chilometri di distanza, con un potenziale distruttivo ben superiore ai droni che Kiev utilizza finora.
L’incontro fra il presidente statunitense e Volodymyr Zelensky si è svolto a margine dell’Assemblea generale dell’Onu. Il leader ucraino ha chiesto “armi a lungo raggio”, sottolineando che non si tratta di una minaccia diretta ma di “pressione su Putin perché si sieda al tavolo dei negoziati”. Secondo fonti americane, Trump avrebbe promesso di “lavorarci su”, e un alto funzionario della Casa Bianca ha spiegato al Wall Street Journal che il presidente è “pronto a togliere il veto sulle armi a lungo raggio”.
La posta in gioco
Per Kiev si tratterebbe di un salto qualitativo decisivo. Finora gli attacchi condotti con i droni hanno colpito raffinerie e infrastrutture anche a 1.300 chilometri dal confine, ma con esplosivi limitati. I missili Neptune e Flamingo, prodotti dall’industria nazionale, hanno una gittata di circa 500 chilometri, utile ma insufficiente a minare la superiorità industriale russa.
I Tomahawk, invece, sono da decenni la longa manus delle rappresaglie americane, utilizzati dall’Iraq alla Siria. Con 450 chili di esplosivo e la capacità di raggiungere l’intero territorio russo, segnerebbero una vera escalation. Non più soltanto incursioni mirate, ma la possibilità di colpire stabilimenti, centri energetici e perfino la capitale.
Il fronte delle raffinerie
Già ora i droni ucraini stanno producendo effetti significativi. Dalla fine di luglio le operazioni si sono concentrate sulle raffinerie, colpendo diciassette impianti e riducendo di un quinto la produzione russa di carburanti. Una pressione che pesa sulle esportazioni e sulla vita quotidiana: sempre più frequenti le immagini di distributori senza benzina, con difficoltà segnalate anche a Mosca e San Pietroburgo.
Il passaggio ai Tomahawk moltiplicherebbe l’impatto economico e psicologico. Ma solleva anche il rischio di una nuova, pericolosa escalation, con Mosca pronta a interpretare la consegna come un passo ostile di Washington. La scelta di Trump, dunque, non riguarda soltanto la guerra in Ucraina: potrebbe ridefinire l’intera architettura della sicurezza globale.