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Accadde oggi, 28 settembre 1938: Quando a Monaco Mussolini fu indicato come “il salvatore della pace europea”

Pubblicato: 28/09/2025 09:03

L’Europa sull’orlo del baratro

Il 28 settembre 1938, a Monaco di Baviera, andava in scena uno di quei momenti che la Storia, per pudore, preferirebbe dimenticare. In una città addobbata a festa, con le bandiere rosse e le svastiche che coprivano balconi e piazze, si riunirono i padroni del destino d’Europa: Adolf Hitler, Benito Mussolini, Neville Chamberlain e Édouard Daladier. Il dramma che li aveva convocati si chiamava Cecoslovacchia. Una giovane nazione, nata appena vent’anni prima dalle ceneri della Grande Guerra, rischiava di sparire ancor prima di consolidarsi. La Germania nazista pretendeva i Sudeti, una regione industriale e strategica, abitata da tre milioni di tedeschi. Hitler urlava, minacciava, sbatteva i pugni sul tavolo: “Se non li avrò, sarà guerra”. E quando lui parlava di guerra, nessuno in Europa aveva voglia di metterne alla prova la serietà. Il governo di Praga si aggrappava disperatamente alle alleanze con Francia e Inghilterra. Ma la verità era amara: nessuno era disposto a morire per i Sudeti. Non dopo i milioni di caduti della Grande Guerra. Non con le economie ancora convalescenti dalla crisi del 1929. E così, mentre i cechi aspettavano invano di essere convocati, l’Europa si preparava a decidere il loro destino senza di loro.

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Il Duce pacificatore

Fu in quel clima teso, quasi isterico, che Mussolini si ritrovò improvvisamente nel ruolo dell’arbitro. Lui, che fino a pochi anni prima era stato guardato con sufficienza dalle grandi potenze, ora sedeva accanto a Hitler e agli statisti delle democrazie occidentali. E sapeva recitare bene la parte. Con la sua voce impostata e i gesti solenni, presentò una proposta che, in realtà, era già stata concordata con Berlino: la cessione dei Sudeti alla Germania. Gli altri accettarono sollevati. Chamberlain e Daladier non volevano la guerra, Hitler ottenne quello che voleva senza sparare un colpo e Mussolini poté esibire al mondo il suo prestigio di “mediatore”.
Il paradosso fu che la Cecoslovacchia, la principale interessata, non venne nemmeno ammessa al tavolo. Ma poco importava: la pace, almeno per quella notte, era salva. La stampa internazionale si affrettò a incoronare Mussolini come “il salvatore della pace europea”. In Italia, i giornali lo dipinsero come lo statista che aveva fermato l’uragano. E quando Chamberlain tornò a Londra, brandendo un foglietto firmato da Hitler e dichiarando “peace for our time”, la folla lo accolse come un trionfatore. Non era diplomazia: era teatro. Ma un teatro che le masse avevano bisogno di vedere.

Una pace di carta

La pace di Monaco fu, in realtà, un armistizio di pochi mesi. Hitler, ottenuti i Sudeti, si limitò ad aspettare il momento propizio per divorare l’intera Cecoslovacchia. Sei mesi più tardi, le truppe tedesche entrarono a Praga senza incontrare resistenza. E allora anche i più ottimisti compresero di essere stati ingannati. Ma per un istante, in quel settembre del 1938, l’illusione sembrò reale. Gli inglesi credettero di aver scongiurato un’altra carneficina, i francesi di aver evitato un conflitto che non volevano combattere e gli italiani applaudirono un Duce che appariva grande e rispettato. Nessuno si chiedeva quanto potesse durare quella “pace”. Il destino di Monaco fu quello di ogni compromesso fatto con chi non conosce altra legge che la forza. Apparve come un successo, ma lasciò dietro di sé il seme della catastrofe. E Mussolini, acclamato come pacificatore, sarebbe stato lo stesso che due anni dopo trascinò l’Italia nel baratro della guerra. Tale è la Storia: sa mascherare i carnefici da salvatori e i salvataggi da condanne. Monaco resta il simbolo di un’Europa disposta a sacrificare la verità per un po’ di quieto vivere. Una lezione che ancora oggi ci ammonisce: quando la pace si compra a scapito della giustizia, non è pace. È soltanto il prologo della guerra.

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