
L’indagine sulla tragica morte di Cinzia Pinna, la 33enne di Castelsardo trovata senza vita in un casolare tra Palau e Arzachena, si arricchisce di nuovi e drammatici dettagli emersi dai primi accertamenti sul corpo della vittima. La donna è stata uccisa nella notte tra l’11 e il 12 settembre nella proprietà di Emanuele Ragnedda, un reo confesso che ha ammesso le proprie responsabilità, pur fornendo un quadro degli eventi complesso e ancora da definire completamente.
La Tac eseguita questa mattina sul corpo della vittima ha rivelato la presenza di un foro all’altezza del naso, compatibile con un colpo d’arma da fuoco. Questo elemento, unito alla confessione di Ragnedda e al sequestro della sua Glock (detenuta con porto d’armi per uso sportivo), costituisce il fulcro dell’attività investigativa in corso. L’assenza del proiettile, che si ipotizza abbia trapassato il volto della vittima, aggiunge un tassello cruciale alla dinamica del delitto. Le autorità stanno lavorando per chiarire le circostanze esatte che hanno portato Ragnedda ad aprire il fuoco, anche in considerazione delle sue dichiarazioni che fanno riferimento a una presunta colluttazione e a un’aggressione subita.
I dettagli macabri dalla Tac
Gli accertamenti medici, condotti a Sassari dal medico legale Salvatore Lorenzoni con la partecipazione del consulente della difesa, Ernesto D’Aloja, stanno fornendo i primi riscontri oggettivi sulla causa della morte di Cinzia Pinna.
La scoperta di una cavità compatibile con un colpo esploso da pistola semiautomatica all’altezza del naso è la conferma più lampante delle modalità dell’omicidio. Nonostante il proiettile non sia stato recuperato, l’analisi sul foro e le tracce di sparo, inclusi i bossoli e i segni sui muri indicati da Ragnedda stesso, confermano l’uso dell’arma sequestrata. Questi esami, che proseguiranno, sono essenziali per ricostruire la traiettoria e la sequenza dei colpi, elementi fondamentali per valutare la fondatezza delle dichiarazioni dell’omicida e per comprendere se la vittima sia stata raggiunta da più spari. L’autopsia, che potrebbe essere fissata per giovedì, fornirà un quadro ancora più completo delle lesioni e delle circostanze del decesso.
La confessione e il pentimento dell’omicida
Emanuele Ragnedda, pur avendo ammesso di aver sparato, ha fornito agli inquirenti una versione dei fatti che include elementi di presunta provocazione e violenza subita. Ha dichiarato di essere stato aggredito da Cinzia Pinna, che, a suo dire, gli avrebbe “infilato un coltello in bocca” tentando di tagliargli la lingua. Ragnedda ha mostrato ai Carabinieri tagli al braccio e alla bocca, compatibili con un’arma da taglio da cucina, supportando l’ipotesi di una colluttazione precedente agli spari.
Nonostante ciò, l’uomo non ha invocato la legittima difesa, riconoscendo di aver “fatto la scelta sbagliata” e ammettendo: “Potevo andarmene, invece ho fatto la scelta peggiore”. Le sue dichiarazioni, sebbene frammentarie, sono cruciali per la ricostruzione della dinamica che ha preceduto l’apertura del fuoco. Ragnedda ha anche raccontato di aver tentato di rianimare la vittima dopo aver sparato, un dettaglio che, se confermato, aggiunge complessità psicologica al suo profilo e agli eventi di quella notte. Attualmente trasferito nel reparto speciale per detenuti sotto sorveglianza nel carcere di Bancali, l’indagato resta a disposizione per ulteriori chiarimenti.
Il possibile movente e l’occultamento del corpo
Il movente del delitto rimane uno dei punti più oscuri dell’inchiesta. Gli investigatori non escludono che l’omicidio possa essere scaturito da un rifiuto di approccio sessuale da parte della vittima, un’ipotesi che Ragnedda ha respinto. Cinzia Pinna, cameriera in un albergo-ristorante di Palau, era stata trovata in condizioni che hanno reso difficile il riconoscimento immediato, nascosta nella tenuta Conca Entosa e lasciata alle intemperie, con indosso la sola maglietta. Questo elemento, unitamente al ritrovamento del cadavere, suggerisce un tentativo di occultamento e un profondo disprezzo per la dignità della vittima. Gli esami in corso, inclusa l’autopsia e i sopralluoghi previsti per domani, mirano anche a chiarire se, oltre al colpo mortale, vi siano state altre forme di violenza sul corpo della donna.
I sospetti sul coinvolgimento di terze persone
Un aspetto cruciale e in espansione dell’indagine riguarda la possibile partecipazione di altre persone al delitto o, più probabilmente, alle fasi successive. Le autorità stanno concentrando le attenzioni su tre figure: un giovane lombardo di 26 anni e due donne, tra cui un’amica stretta di Ragnedda. I sospetti vertono sulla loro possibile collaborazione nella gestione del corpo, nell’occultamento di prove e nella sparizione di effetti personali della vittima, in particolare il suo cellulare. L’amica di Ragnedda è in particolare sospettata di aver contribuito a ripulire il casolare e a rimuovere oggetti legati alla scena del crimine. I sopralluoghi e gli accertamenti previsti per domani nella tenuta Conca Entosa saranno decisivi per trovare ulteriori riscontri e definire l’eventuale ruolo di questi sospettati. Le prossime ore, con l’autopsia e gli interrogatori, si preannunciano decisive per chiarire in modo definitivo movente, responsabilità e l’eventuale concorso di persone nella tragica morte di Cinzia Pinna.