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L’omicidio di Charlie Kirk e la nuova ondata di violenza politica negli Stati Uniti

Pubblicato: 29/09/2025 15:35

L’assassinio di Charlie Kirk, leader ultraconservatore e fondatore di Turning Point Action, ha acceso i riflettori su una nuova stagione di violenza politica negli Stati Uniti. L’attacco del 10 settembre, avvenuto durante un incontro con studenti e trasmesso in diretta sui social, ha lasciato un segno profondo: non solo per la brutalità del gesto, ma anche per il contesto in cui si colloca, segnato da altri tentativi di omicidio ad alto profilo che hanno colpito figure politiche e pubbliche di primo piano.
Il sospettato, Tyler Robinson, 24 anni, è stato catturato dopo due giorni di caccia all’uomo. Le sue motivazioni restano poco chiare, come già accaduto in altri episodi recenti, a conferma di un quadro che appare meno riconducibile a un’ideologia precisa e più al diffondersi di una cultura di aggressione e instabilità.

I paralleli con gli anni ’60

Non sorprende che molti commentatori abbiano richiamato alla memoria gli anni ’60, epoca in cui gli Stati Uniti furono segnati dagli omicidi di John F. Kennedy, Martin Luther King Jr. e Robert F. Kennedy. Allora come oggi, questi episodi hanno avuto luogo in una società profondamente polarizzata e segnata da forti conflitti interni.
La differenza principale è che, nel presente, gli aggressori appaiono spesso come figure marginali e disturbate, portatori di convinzioni confuse o contraddittorie. Non tanto soldati di un’ideologia, quanto individui isolati che traducono le proprie frustrazioni in violenza.

Charlie Kirk: un simbolo divisivo

Per i sostenitori, Kirk rappresentava un punto di riferimento per la destra giovanile americana, capace di mobilitare risorse e costruire un movimento politico influente. Fin da adolescente, aveva creato una rete capace di raccogliere milioni di dollari in donazioni, conquistando spazio nel dibattito pubblico grazie al suo stile diretto e polemico.
Per i detrattori, invece, Kirk era un provocatore professionista, abile nell’uso di retoriche incendiarie e toni da clickbait, paragonabile ad altri volti dell’“alt-right”. Le sue dichiarazioni – dall’equiparazione dell’aborto all’Olocausto fino all’adesione alla teoria della Grande Sostituzione – lo avevano reso uno degli esponenti più controversi del panorama conservatore.

Una sequenza di attentati

L’omicidio di Kirk si colloca in una spirale di violenza politica che ha colpito gli Stati Uniti negli ultimi anni. Nel 2024, Donald Trump è sopravvissuto a un attentato in Pennsylvania; pochi mesi dopo, un altro uomo ha tentato di ucciderlo in Florida. Sempre nello stesso periodo, il dirigente di UnitedHealthcare, Brian Thompson, è stato assassinato; nel 2025, episodi di violenza hanno colpito anche esponenti democratici, come la deputata Melissa Hortman in Minnesota.
Questa serie di eventi suggerisce che la violenza politica non sia più circoscritta a una parte, ma attraversi l’intero spettro ideologico.

Tyler Robinson, l’assassino reo confesso di Charlie Kirk

La follia dietro gli attentatori

Un aspetto che emerge con forza è la scarsa coerenza ideologica degli aggressori. Le incisioni sui proiettili di Robinson, che univano meme, slogan antifascisti e riferimenti a “Bella ciao”, ne sono un esempio. Altri casi, come quello di Matthew Crooks o Ryan Routh, mostrano lo stesso schema: individui con convinzioni confuse, a metà tra delirio personale e suggestioni ideologiche, difficilmente classificabili secondo le tradizionali categorie politiche.
Questo elemento rende più difficile non solo prevenire gli attacchi, ma anche interpretar­ne il significato politico.

I numeri della violenza

Secondo il Violence Project, i tentativi di omicidio di leader politici dal 2021 al 2025 hanno raggiunto livelli paragonabili a quelli degli anni ’60, anche se in termini assoluti i casi restano limitati. Altre ricerche, come quelle del Prosecution Project di Princeton, mostrano invece che il picco della violenza politica si sarebbe verificato nel 2018-2019, con un successivo calo.
Le statistiche divergono, ma concordano su un punto: la percezione pubblica di insicurezza è cresciuta, alimentata dalla spettacolarizzazione mediatica e dalla circolazione virale dei video degli attentati.

Destra e sinistra: lo scontro delle narrazioni

L’assassinio di Kirk ha immediatamente innescato il gioco delle accuse reciproche. Donald Trump ha definito l’omicidio il risultato diretto della retorica della sinistra radicale, mentre i democratici hanno risposto citando i dati dell’Anti-Defamation League, secondo cui il 76% degli omicidi estremisti è attribuibile all’estrema destra.
Il risultato è un circolo vizioso di polarizzazione, in cui ogni episodio diventa terreno di scontro, invece che occasione per una condanna comune della violenza.

Una società divisa e radicalizzata

Il dato più inquietante riguarda l’opinione pubblica. Un sondaggio di States United Action rivela che una quota significativa di americani considera la violenza politica giustificabile in determinate circostanze: il 37% in caso di divieto di armi, un terzo in caso di incarcerazioni ingiuste, un quarto in caso di presunti brogli elettorali.
Ciò indica che la violenza non è percepita solo come un rischio esterno, ma anche come uno strumento di pressione legittimo da parte di una minoranza non trascurabile della popolazione.

Il rischio di una deriva autoritaria

L’omicidio di Kirk ha avuto anche effetti collaterali inattesi. Alcuni esponenti della destra hanno lanciato campagne online per colpire chi lo aveva criticato, ottenendo licenziamenti e sospensioni di insegnanti, accademici e persino del conduttore televisivo Jimmy Kimmel. La vicenda ha aperto un nuovo fronte: quello della pressione politica sui media e della possibilità che la violenza diventi un pretesto per limitare il dissenso.
In questo senso, il rischio non è solo l’aumento della violenza fisica, ma anche la nascita di un clima in cui la libertà di parola stessa venga messa in discussione.

Un futuro incerto

L’America si trova oggi di fronte a un bivio. Da un lato, la condanna quasi unanime della violenza; dall’altro, la crescente normalizzazione del conflitto fisico e verbale come arma politica. Se il Paese non riuscirà a costruire un consenso trasversale contro ogni forma di aggressione, il rischio è che la spirale innescata dall’omicidio di Charlie Kirk apra la strada a nuove stagioni di instabilità e radicalizzazione.

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Ultimo Aggiornamento: 29/09/2025 15:36

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