
Il 27 settembre 1943, Napoli non si svegliò diversa dalle altre città d’Italia occupate dai nazisti, ma ebbe il coraggio che alle altre mancò. Nessun proclama, nessun ordine dall’alto. La scintilla scoccò all’improvviso, come un fuoco che si propaga tra la sterpaglia secca. Una pattuglia tedesca pretendeva obbedienza cieca, e trovò invece resistenza. I primi colpi di fucile risuonarono tra i vicoli, isolati, quasi timidi. Ma bastò poco perché diventassero un coro. I nazisti risposero con la brutalità che li distingueva: rastrellamenti, fucilazioni, impiccagioni in mezzo alle strade. Ogni vita spezzata, ogni ragazzo trascinato via, diventava benzina sul fuoco. Napoli decise che era venuto il momento di morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio.

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La città in armi
Le strade della città si trasformarono in trincee improvvisate. Mobili, carretti, macerie: tutto serviva per alzare barricate. Non c’era disciplina né gerarchie. C’erano uomini e donne, vecchi soldati scappati dalle caserme, ragazzi di quindici anni che impugnavano pistole arrugginite, madri che lanciavano dalle finestre tegole e pentole contro i tedeschi. E c’era il popolo intero che, a modo suo, partecipava alla battaglia. Da ogni quartiere partivano imboscate: un colpo da dietro un angolo o una bomba artigianale lanciata da un terrazzo. I soldati tedeschi, addestrati a guerre convenzionali, si trovarono disorientati davanti a una città intera che combatteva come un solo corpo. Napoli non aveva generali, ma aveva una cosa che valeva di più: l’ostinazione disperata di chi non ha più nulla da perdere.
La vittoria del popolo
Intanto arrivò il 30 settembre e la rivolta partenopea aveva ormai il sapore della vittoria. I tedeschi, logorati da quattro giorni di guerriglia urbana, si ritirarono. Non era stata una battaglia vinta da un esercito regolare, ma una cacciata popolare. Quando, nei primi giorni di ottobre, gli Alleati entrarono a Napoli, trovarono una città distrutta ma libera. Non furono loro a liberarla: arrivarono a cose fatte, accolti da una popolazione stremata ma fiera. E fu un caso unico in Italia. Nessun’altra grande città ebbe la forza di Napoli, che dimostrò come il popolo, seppure disorganizzato, potesse piegare un nemico armato e crudele. Le Quattro Giornate restarono nella memoria collettiva non come un episodio militare, ma come un atto di dignità. Una lezione che, ancora oggi, andrebbe ricordata: perché la libertà non sempre si conquista con gli eserciti, ma talvolta con il coraggio di un popolo che non vuole più obbedire.