
La situazione alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, l’impianto più grande d’Europa, è precipitata in uno stato di emergenza prolungato e senza precedenti, a causa dei continui bombardamenti attribuiti alle forze russe. Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha lanciato l’allarme durante il suo discorso serale, sottolineando la gravità critica della situazione. Per la prima volta, la centrale si trova in questa condizione di precarietà per un periodo così lungo: ben sette giorni di disconnessione dalla rete elettrica nazionale, un evento che non si era mai verificato prima nella storia operativa dell’impianto.
La disconnessione e il ruolo cruciale dei generatori
La causa immediata della crisi risiede nei bombardamenti russi che hanno ripetutamente danneggiato le linee di trasmissione, tagliando l’alimentazione elettrica esterna vitale per il funzionamento sicuro della centrale. In assenza di una connessione stabile alla rete, l’impianto è costretto ad affidarsi esclusivamente a generatori diesel di emergenza. Questi sistemi, per loro natura, sono progettati per intervenire solo in circostanze straordinarie e per un periodo limitato, non certo per sostenere le esigenze critiche della centrale in modo continuativo per un’intera settimana. Il presidente Zelenskyy ha infatti evidenziato che l’impianto non è progettato per operare in questo modo per una durata così estesa.
Il malfunzionamento e il rischio incombente
La fragilità di questa soluzione di fortuna è stata drammaticamente confermata dal fatto che uno dei generatori diesel essenziali ha già cessato di funzionare. Sebbene la centrale disponga di generatori multipli e, in teoria, di scorte di carburante per un certo numero di giorni, il guasto di un’unità solleva preoccupazioni immediate sulla ridondanza e l’affidabilità dell’intero sistema di backup. La vera e più grande minaccia deriva dalla necessità incessante di energia per i sistemi di raffreddamento del combustibile nucleare, sia quello all’interno dei reattori (attualmente spenti, ma in uno stato che richiede comunque attenzione) sia quello stoccato nelle piscine di combustibile esaurito.
Le conseguenze di una catastrofe potenziale
Se tutti i generatori dovessero cedere e la connessione esterna non venisse ripristinata, il processo di raffreddamento si interromperebbe. Ciò porterebbe inevitabilmente a un surriscaldamento incontrollato del combustibile, con il rischio concreto di una fusione del nocciolo e il rilascio di radiazioni su vasta scala. Secondo gli esperti e gli stress test condotti a seguito del disastro di Fukushima del 2011, una centrale nucleare dovrebbe essere in grado di resistere a una perdita totale di energia esterna per circa 72 ore. Aver superato questa soglia di sicurezza da diversi giorni porta l’impianto in un territorio operativo mai sperimentato prima in condizioni di conflitto. Questa situazione non rappresenta un pericolo solo per l’Ucraina, ma una minaccia nucleare e ambientale di proporzioni internazionali, che potrebbe avere ripercussioni su tutta l’Europa.
Le accuse di ostruzionismo e la richiesta di ripristino
Il presidente Zelenskyy ha accusato in modo esplicito le forze russe di impedire attivamente la riparazione delle linee elettriche danneggiate, bloccando di fatto il ripristino delle condizioni di sicurezza basilare. Questa presunta tattica russa di ostruzionismo non fa altro che prolungare e aggravare la crisi, utilizzando la centrale nucleare, e il rischio che essa comporta, come un’ulteriore arma di pressione nel conflitto. La comunità internazionale, inclusa l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), ha espresso profonda preoccupazione, ma finora gli sforzi diplomatici per creare una zona demilitarizzata e garantire la sicurezza dell’impianto non hanno sortito l’effetto sperato. L’emergenza prolungata a Zaporizhzhia è un monito costante e terrificante sui pericoli che derivano dall’uso sconsiderato della forza militare in prossimità di infrastrutture nucleari vitali.