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Flotilla, svelato il piano di Israele: “Cosa faremo per fermarli”

Pubblicato: 30/09/2025 21:10

Nadav Kaminer, tenente colonnello della Marina militare israeliana, ai microfoni del Corriere ha offerto la sua prospettiva sugli sviluppi del caso Global Sumud Flotilla, la flottiglia di circa 50 navi attiviste dirette verso Gaza. Riservista con 25 anni di servizio, Kaminer parla da un kibbutz al confine con il Libano, condividendo la sua esperienza sulle procedure militari, pur ammettendo di non aver mai visto un numero così grande di imbarcazioni da intercettare contemporaneamente. Egli sottolinea la natura provocatoria dell’azione e delinea le possibili contromisure da parte della Marina israeliana, privilegiando metodi che non implichino l’uso della forza fisica.

I rischi del mare e la natura della provocazione

Kaminer inizia con una premessa fondamentale sui rischi intrinseci del viaggiare in mare e sul comportamento codificato che di norma vige tra i responsabili delle navi, anche tra Paesi nemici in situazioni di pericolo. Tuttavia, riconosce che nel caso della Global Sumud Flotilla non si può fare appello al “buon senso” dei comandanti, poiché l’azione è chiaramente provocatoria. Se i comandanti della Flottiglia non sono disposti a obbedire all’ordine di non procedere, la Marina deve ricorrere ad altri metodi per impedirne l’avanzamento, escludendo l’uso della forza fisica come prima opzione.

L’opzione dell’attacco elettronico

Una delle strategie più concrete e meno violente menzionate dal tenente colonnello è l’utilizzo dell’elettronica. Kaminer suggerisce che la strumentazione di bordo di tutte le navi potrebbe essere messa fuori uso contemporaneamente, paralizzando così l’intera Flotilla e impedendole di proseguire la navigazione. Sebbene non possa confermare che questa sarà la tattica adottata (la decisione finale spetterà all’ufficiale comandante dell’operazione e dipenderà dalle circostanze del momento), la indica come “un’opzione più che possibile” che permette di fermare le navi “senza usare la forza né lo scontro fisico”.

Riguardo al numero di uomini che saranno impiegati nell’operazione, Kaminer non può fornire cifre precise, ma spiega che l’intenzione di non usare armi letali e l’eventualità di dover scortare le navi intercettate richiede la mobilitazione di un numero “molto più grande di militari” rispetto a un’operazione che prevedesse l’uso della forza armata per fermare la Flottiglia.

Una “missione umanitaria” non credibile

Gli attivisti definiscono la loro impresa una “missione umanitaria e simbolica”, ma per Kaminer questa definizione è smentita dalla logica e dai fatti. Egli afferma che se l’obiettivo fosse davvero umanitario, gli attivisti accetterebbero la proposta di scaricare gli aiuti in un porto israeliano vicino (come Ashkelon o Ashdod) per consentirne la consegna a Gaza in sicurezza via terra. Il punto cruciale, secondo il tenente colonnello, è che Gaza non possiede un porto adatto a navi di quel genere. Anche ipotizzando che la Flottiglia riesca a passare, le navi non potrebbero attraccare e dovrebbero fermarsi al largo, affidandosi a piccole imbarcazioni per fare la spola e scaricare il carico. Questa logistica, a suo dire, rende l’operazione in mare non fattibile e ne svela la vera natura.

Nessuna intenzione di affondare le barche

Riguardo al destino delle imbarcazioni dopo un eventuale blocco elettronico, Kaminer è categorico nello smentire le voci su un possibile affondamento: “Non affondiamo nessuna barca, non l’abbiamo mai fatto”. Egli ribadisce che si tratta di un’azione provocatoria e non militare, e che di conseguenza l’uso della forza, se necessario, sarà “proporzionale a quelle che accadrà”. L’obiettivo primario è che nessuno si faccia male. La procedura più probabile è che le navi, una volta bloccate o intercettate, vengano avvicinate e scortate nei porti israeliani più vicini, come Ashkelon e Ashdod.

Legami con Hamas e l’obiettivo di “mettere in cattiva luce Israele”

Infine, Kaminer accenna a documenti d’intelligence che, a quanto pare, proverebbero la vicinanza di alcuni degli organizzatori della Flottiglia ad Hamas. Pur non potendo fornire dettagli sui documenti, conferma di averne visto traccia sui media israeliani e conclude che, a prescindere da questi legami, l’operazione è, come già detto, “una provocazione” e non un’azione umanitaria, il cui unico scopo è “mettere in cattiva luce Israele”.

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