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Gaza, Hamas pronta ad accettare il piano di Trump per la pace

Pubblicato: 30/09/2025 17:53

Secondo quanto riportato da Sky Arabia, Hamas e altre fazioni armate di Gaza sarebbero pronto ad accettare il piano di pace proposto dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per la cessazione del conflitto nella Striscia. Le informazioni, provenienti da diverse fonti palestinesi, suggeriscono un significativo cambiamento di rotta e una concreta inclinazione verso l’accettazione degli accordi proposti, benché con alcune riserve cruciali e richieste di chiarimento.

Questo scenario apre a nuove, seppur complesse, speranze per una de-escalation e per l’inizio di un processo diplomatico più strutturato, anche se l’ombra della diffidenza e delle questioni irrisolte continua ad aleggiare sull’intero processo. La posta in gioco è elevatissima: la fine delle ostilità, il rilascio degli ostaggi e il futuro della regione.

La potenziale accettazione di Hamas

Una fonte autorevole e vicina ad Hamas ha espresso a Sky News Arabia che il movimento è “vicino ad accettare il piano di Trump”, un’affermazione che ha immediatamente catalizzato l’attenzione della comunità internazionale e dei principali mediatori. Questa propensione all’accettazione non è isolata, ma è condivisa anche da altre fazioni armate che operano all’interno della Striscia di Gaza, indicando un orientamento comune verso la sospensione delle ostilità.

La convergenza di posizioni tra gruppi diversi, spesso caratterizzati da agende distinte, rafforza l’idea che il peso della guerra e le pressioni internazionali stiano spingendo i vertici delle organizzazioni verso una soluzione negoziata. L’accettazione, tuttavia, non è presentata come incondizionata, ma come il risultato di una complessa valutazione strategica dei rischi e dei benefici associati alla proposta americana, con l’obiettivo primario di assicurare una pace duratura che non sia una mera tregua temporanea o una trappola per i leader del movimento.

I nodi cruciali e le richieste di garanzia

Nonostante l’apertura, Hamas ha chiaramente manifestato la necessità di ottenere una serie di chiarimenti fondamentali prima di apporre la propria firma definitiva. Queste richieste sono state veicolate attraverso il mediatore del Qatar, la cui azione diplomatica è stata cruciale fin dall’inizio del conflitto. Il primo e forse più sensibile punto riguarda le garanzie che il conflitto non venga riacceso subito dopo la consegna degli ostaggi israeliani al governo di Benjamin Netanyahu. Hamas teme, infatti, che una volta esaurita la leva degli ostaggi, l’Idf (Israel Defense Forces) possa riprendere le operazioni militari con maggiore intensità.

Il secondo aspetto di cruciale importanza riguarda il calendario e la portata esatta del ritiro dell’Idf dalla Striscia di Gaza. Il movimento palestinese desidera un cronoprogramma chiaro e vincolante per il completo disimpegno delle forze israeliane dal territorio, assicurando che non rimangano sacche di resistenza o punti di controllo strategici che possano compromettere la sovranità e la sicurezza della Striscia.

Infine, un punto di grande rilevanza strategica per la sopravvivenza e la struttura di comando di Hamas è la richiesta di garanzie internazionali contro futuri attacchi mirati o assassinii dei leader del movimento che risiedono all’estero. Questa richiesta sottolinea la profonda preoccupazione per la sicurezza della propria leadership e mira a ottenere una tutela che vada oltre il semplice cessate il fuoco sul campo, toccando le operazioni di intelligence e la sicurezza a lungo termine dei suoi vertici.

Il ruolo del Qatar e della diplomazia

Il Qatar emerge ancora una volta come il fulcro nevralgico di queste complesse trattative indirette. La sua posizione di mediatore neutrale e i suoi canali di comunicazione aperti sia con Hamas che con le potenze occidentali e Israele, lo rendono indispensabile per superare lo stallo. Il lavoro del mediatore non consiste solo nel trasmettere messaggi, ma nell’interpretare le posizioni, nel negoziare le formulazioni e nel cercare punti di incontro su questioni che sono state fino ad ora intransigenti. L’attuale fase di “richiesta di chiarimenti” è un momento tipico della diplomazia di crisi, dove le parti in causa cercano di massimizzare i guadagni e minimizzare i rischi prima di un impegno definitivo. La capacità del Qatar di fornire le assicurazioni richieste, o di trovare un meccanismo di verifica che soddisfi Hamas, sarà determinante per il successo finale del piano di Trump e per la de-escalation della crisi.

Le implicazioni regionali e globali

La potenziale accettazione da parte di Hamas del piano statunitense, sebbene ancora legata a condizioni, invia un segnale potente a livello regionale e globale. A livello regionale, l’accordo potrebbe alleviare le tensioni che hanno coinvolto anche altri attori, come il Libano e le milizie sostenute dall’Iran, contribuendo a una stabilizzazione più ampia. A livello globale, rappresenterebbe un successo diplomatico per l’amministrazione Trump, dimostrando che, anche in una delle crisi più complesse, la negoziazione può prevalere sulla violenza. Tuttavia, l’intero processo rimane estremamente fragile.

La fiducia reciproca tra le parti è pressoché inesistente, e ogni piccolo intoppo o dichiarazione controversa potrebbe far deragliare l’intera iniziativa. Le prossime settimane saranno dunque cruciali per comprendere se questa potenziale apertura si tradurrà in una soluzione concreta o se rimarrà solo una fase transitoria prima di un’ulteriore, e più sanguinosa, recrudescenza del conflitto. La comunità internazionale, con gli Stati Uniti in prima linea, dovrà mantenere una vigilanza costante e una pressione diplomatica senza precedenti per assicurare che le garanzie richieste vengano onorate e che il processo di pace proceda in modo trasparente e irreversibile.

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