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Morte Alex Marangon, indagati due curanderos e gli organizzatori della festa

Pubblicato: 01/10/2025 16:59

La tragica morte di Alex Marangon, il barman 25enne di Marcon, precipitato da una terrazza alta quindici metri presso l’abbazia di Santa Bona, è giunta a una nuova fase giudiziaria a distanza di oltre un anno dall’accaduto. La Procura di Treviso ha ufficialmente iscritto quattro persone nel registro degli indagati, ipotizzando a loro carico il reato di morte in conseguenza di altro reato.

Questo sviluppo segna un passo significativo nell’inchiesta sulla scomparsa del giovane, avvenuta durante un evento descritto dagli organizzatori come una “festa” e dalla famiglia come un contesto ben più ambiguo e pericoloso. Le figure coinvolte nell’indagine sono gli organizzatori dell’evento, Andrea Zuin e Tatiana Marchetto, e i due “curanderos” colombiani, Jhonni Benavides e Sebastian Castillo. Il fascicolo giudiziario si fonda su un elemento cruciale: il referto autoptico, che ha delineato un quadro tossicologico letale per Alex Marangon, identificando un mix di ayahuasca e cocaina come causa scatenante di una crisi psicotica che, secondo gli inquirenti, lo avrebbe portato al fatale gesto di gettarsi nel vuoto dalla terrazza.

Le figure indagate e le ipotesi di reato

Le quattro persone ora ufficialmente indagate ricoprivano ruoli chiave nell’organizzazione e nello svolgimento della serata denominata “Sol del Putamayo”. Zuin e Marchetto, in qualità di organizzatori, hanno sempre mantenuto una linea difensiva molto cauta e limitata, negando con forza la somministrazione della bevanda amazzonica. Hanno parlato di una “semplice tisana depurativa” offerta ai circa venti partecipanti presenti quella notte. I due, difesi dall’avvocato Cesare Dal Maso, hanno scelto la via del “Nessun commento”, mantenendo il silenzio sulla vicenda.

Parallelamente, i due “curanderos” sudamericani, Benavides e Castillo, la cui presenza era evidentemente legata alla somministrazione di sostanze o “rituali”, sono rappresentati dal legale spagnolo Oscar Palet Santandreu. Per la notifica degli atti, gli inquirenti hanno richiesto al loro difensore di comunicare un domicilio. L’ipotesi di reato iniziale a carico di tutti e quattro gli indagati è, come detto, morte in conseguenza di altro reato, il che suggerisce che il decesso sia avvenuto come risultato di un’azione criminosa precedente, verosimilmente la cessione o somministrazione di sostanze stupefacenti, in questo caso l’ayahuasca e/o la cocaina.

Il ruolo dell’autopsia e l’ayahuasca

Il referto autoptico rappresenta la prova scientifica su cui poggia l’impianto accusatorio della Procura di Treviso. L’analisi tossicologica è stata inequivocabile nell’individuare la presenza di ayahuasca e cocaina nel corpo del 25enne. L’ayahuasca, una bevanda allucinogena tradizionalmente usata in contesti rituali amazzonici, contiene potenti principi attivi (come la DMT, dimetiltriptamina) ed è considerata a tutti gli effetti uno stupefacente dalla legislazione italiana.

Secondo l’interpretazione degli inquirenti e dei medici legali che hanno eseguito l’autopsia, la combinazione letale delle due sostanze avrebbe innescato una grave crisi psicotica in Alex Marangon, portandolo alla perdita di contatto con la realtà e al conseguente gesto fatale del “tuffo” dalla terrazza dell’abbazia. Questa ricostruzione contrasta nettamente con la versione degli organizzatori, che hanno tentato di minimizzare la natura della bevanda somministrata, definendola una semplice “tisana”.

La battaglia legale della famiglia Marangon

Nonostante l’apertura dell’indagine, la famiglia di Alex Marangon e il loro pool legale, guidato dall’avvocato Stefano Tigani, non si ritengono soddisfatti e spingono per una visione più ampia e grave della vicenda. Già nel mese di agosto, la famiglia ha presentato una querela formale non solo contro i quattro indagati (Zuin, Marchetto, Benavides e Castillo), ma anche contro Alexandra Diana da Sacco, moglie del proprietario dell’abbazia (la quale, tuttavia, al momento non risulta indagata). Le ipotesi di reato avanzate dalla famiglia sono più pesanti rispetto a quelle iniziali della Procura: oltre a morte conseguente ad altro reato e cessione di stupefacenti, la querela ipotizza il ben più grave reato di omicidio volontario contro ignoti. Questa accusa audace si fonda sulla consulenza tecnica del medico legale di parte, il dottor Antonello Cirnelli.

Le lesioni sospette e la tesi dell’aggressione

La consulenza del dottor Cirnelli ha rappresentato un punto di svolta nella strategia difensiva della famiglia. Il medico legale ha infatti segnalato la presenza di due lesioni corporee sospette sul corpo di Alex Marangon: una all’occhio e una al costato. Secondo la sua analisi, queste lesioni non sarebbero riconducibili in maniera automatica e univoca alla sola caduta dalla terrazza. Questa scoperta ha riacceso e rafforzato la tesi della famiglia Marangon, che continua a sostenere l’ipotesi di una aggressione ai danni del giovane barman, un’aggressione che si sarebbe poi conclusa tragicamente con la caduta. L’iscrizione dei quattro indagati per “morte in conseguenza di altro reato” non esclude a priori ulteriori sviluppi investigativi che possano prendere in considerazione anche la pista dell’omicidio volontario, ma al momento la Procura si concentra sulla correlazione tra l’assunzione delle sostanze e la crisi psicotica. La famiglia, determinata a ottenere giustizia e verità complete, continuerà la sua battaglia legale per chiarire ogni aspetto di quella notte fatale all’abbazia di Santa Bona.

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