
Il clamoroso addio del generale Luciano Garofano al ruolo di consulente tecnico di Andrea Sempio, indagato nel complesso caso di Garlasco, ha scatenato un’ondata di interrogativi e speculazioni, alimentata dalla tempistica e dalle dichiarazioni precedenti dello stesso ex generale dei RIS. La motivazione ufficiale, come riportato, è la «mancata condivisione da parte della difesa» dei suggerimenti tecnico-scientifici forniti dal Generale in merito allo svolgimento dell’incidente probatorio e all’estensione dei temi oggetto di perizia. Questa presa di distanza, tuttavia, assume un peso significativo se confrontata con la ferma convinzione che Garofano aveva espresso pubblicamente solo pochi mesi prima, a giugno, durante la trasmissione televisiva Quarto Grado, sulla verità processuale stabilita e sull’innocenza del suo assistito.
Il suo impegno in quella sede era stato netto: «Voglio difendere quella verità che è stata decisa da un tribunale e rivendicare il lavoro che abbiamo fatto, al di là degli errori che sono stati commessi. Io credo in questa verità e nell’innocenza di Andrea Sempio. Se dovessi trovare la minima traccia di colpevolezza, consiglierei agli avvocati di portarlo in Procura. Se scoprissi che è colpevole lascerei il mandato», aveva risposto al conduttore Gianluigi Nuzzi, che gli chiedeva ragione della sua scelta di diventare consulente dopo aver lavorato al caso da generale dei RIS. La sua attuale decisione di lasciare, quindi, non può che far riflettere sulla possibilità che nuovi elementi o sviluppi interni alla strategia difensiva abbiano incrinato la sua granitica certezza o, perlomeno, abbiano portato a divergenze incolmabili sulla strada da percorrere.
L’ombra dei sospetti e le vecchie dichiarazioni
Le parole pronunciate da Garofano a Quarto Grado sono rapidamente tornate a circolare sui social media, evidenziando il contrasto tra l’impegno sbandierato a giugno e le dimissioni di questi giorni. Il giuramento implicito di abbandonare l’incarico solo in caso di scoperta di colpevolezza di Sempio è il perno di un dibattito acceso. Sebbene la motivazione ufficiale sia di natura tecnico-strategica, l’eco di quella dichiarazione solleva inevitabilmente il dubbio che possa esserci qualcosa di più profondo dietro l’allontanamento, o che la divergenza di vedute sulla strategia sia stata così radicale da far ritenere al Generale compromessa l’efficacia del suo contributo, fino a richiamare, seppur indirettamente, il principio di integrità professionale che aveva espresso.
La sua ritirata, pertanto, non è un semplice cambio di consulente, ma un segnale forte che alimenta il sospetto che la verità processuale finora affermata possa non essere così monolitica come appariva. La figura di Garofano, ex comandante dei RIS di Parma e profondo conoscitore delle dinamiche investigative e scientifiche del caso Garlasco, conferiva un’autorità particolare alla difesa di Sempio; la sua defezione rappresenta dunque un duro colpo all’immagine di compattezza della linea difensiva.
Le possibili ragioni e la questione dell’impronta 33
A fornire un quadro più concreto delle frizioni interne è intervenuto l’avvocato Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio. Secondo quanto dichiarato a Mattino 5, la causa scatenante delle dimissioni di Garofano risiederebbe in una marcata divergenza di opinioni in merito all’impronta 33. Questa specifica traccia, di notevole importanza nell’economia probatoria del caso, è stata il punto di frizione. Lovati ha spiegato che il Generale Garofano «voleva inserirla nell’incidente probatorio, mentre per me non è il momento».
Lo scontro di prospettive sulla tempistica e sulla rilevanza strategica di portare l’analisi di questa impronta all’attenzione dell’incidente probatorio si è rivelato insolubile. Questo dettaglio chiarisce come la mancata condivisione ufficiale si sia concretizzata in un disaccordo specifico e cruciale. L’avvocato Lovati ha ammesso: «Ci siamo scontrati e ha dato le dimissioni». Questa spiegazione, pur confermando la natura “tecnico-scientifica” delle divergenze, sottolinea la tensione che deve aver caratterizzato le discussioni interne alla difesa, con due visioni apparentemente inconciliabili su come procedere in una fase delicata dell’indagine che vede Sempio indagato dopo anni.
Il contesto investigativo e i nuovi scenari
Non va dimenticato che l’uscita di scena di Garofano avviene in un contesto investigativo già reso turbolento dal presunto coinvolgimento del magistrato Mario Venditti. Lo sviluppo dell’indagine in questa direzione ha aggiunto ulteriore complessità e ombre sul caso di Garlasco, suggerendo che le vicende giudiziarie e le inchieste parallele siano ben lungi dall’essere concluse. Tali colpi di scena potrebbero aver avuto un’influenza, diretta o indiretta, sulla strategia difensiva di Sempio e, di conseguenza, sulle discussioni interne tra il Generale Garofano e gli avvocati.
Un mutato scenario potrebbe aver richiesto un cambio di approccio che Garofano, forte della sua esperienza e delle sue convinzioni, potrebbe non aver ritenuto efficace o corretto dal punto di vista tecnico-scientifico. La sua decisione di abbandonare l’incarico, in un momento in cui l’indagine sta vivendo nuovi sviluppi e potenziali ribaltamenti, amplifica l’idea che i colpi di scena non siano affatto finiti e che la vicenda Sempio sia destinata a riservare ulteriori sorprese e interrogativi sul piano della verità processuale e investigativa.