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Flotilla, cosa succede ora agli italiani fermati. La Farnesina: “Avranno due alternative”

Pubblicato: 02/10/2025 10:16
Flotilla italiani fermati alternative

È nel tardo pomeriggio di mercoledì 1 ottobre che la Global Sumud Flotilla, diretta verso Gaza per portare aiuti umanitari, è stata intercettata dall’esercito israeliano. L’operazione, avvenuta a circa 70 miglia nautiche dalla costa della Striscia, si è trasformata in una lunga notte di tensione e abbordaggi, con le navi israeliane che hanno usato idranti e manovre di blocco per fermare i convogli civili.
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A bordo delle imbarcazioni c’erano anche attivisti italiani, almeno una trentina, tra cui il giornalista del Fatto Quotidiano, Alessandro Mantovani, presente sulla barca Otaria. Le operazioni di fermo, secondo quanto riferito da fonti diplomatiche, si sarebbero concluse solo all’alba, mentre le navi civili venivano scortate verso il porto di Ashdod, a circa 40 chilometri da Gaza.

La Farnesina, in un comunicato ufficiale, ha confermato che tutti gli italiani a bordo delle navi saranno condotti in territorio israeliano per l’identificazione e che verranno assistiti dai consoli italiani già presenti sul posto. Il governo ha inoltre assicurato la “massima attenzione consolare” al caso, che ha assunto una rilevanza internazionale.

Le due alternative per gli italiani fermati

Una volta giunti al porto di Ashdod, gli attivisti saranno trattenuti in centri temporanei di accoglienza, dove dovranno decidere quale delle due procedure di espulsione adottare.

Come ha spiegato il Ministero degli Esteri italiano, la prima opzione prevede l’espulsione volontaria immediata, che consentirebbe ai fermati di lasciare Israele “nei tempi più rapidi possibili”. La seconda, invece, riguarda coloro che intendono contestare il provvedimento israeliano: in questo caso, l’espulsione avverrà solo dopo un periodo di detenzione amministrativa e il successivo rimpatrio forzato.

Secondo la nota ufficiale della Farnesina, chi rifiuterà l’espulsione immediata sarà condotto in carcere, in attesa che un giudice israeliano emetta il provvedimento di respingimento, solitamente entro 48-72 ore. Tuttavia, la tempistica potrebbe allungarsi a causa delle festività ebraiche dello Yom Kippur, che in questi giorni paralizzano gran parte delle attività pubbliche in Israele.

Il ministro Antonio Tajani, intervistato dal Tg1, ha chiarito che “entro un paio di giorni dovranno essere imbarcati su un aereo”, anticipando che i rimpatri potrebbero iniziare già da venerdì 3 ottobre e proseguire nel fine settimana.

La dichiarazione controversa

Resta però da chiarire un aspetto delicato: il contenuto del documento che gli attivisti dovranno firmare per ottenere il rimpatrio rapido.

Secondo quanto ricostruito dal Fatto Quotidiano, Israele richiede la sottoscrizione di una dichiarazione che implica un’ammissione di colpa: firmandola, i fermati riconoscerebbero di aver violato le acque israeliane, pur trovandosi — secondo il diritto internazionale — in acque internazionali, non soggette alla sovranità di Tel Aviv.

La questione è tutt’altro che formale. Chi deciderà di firmare la dichiarazione verrà trasferito in un centro di trattenimento nei pressi dell’aeroporto e potrà essere rimpatriato in Europa entro poche ore. Chi invece rifiuterà di riconoscere la violazione sarà condotto in carcere, con la prospettiva di comparire davanti a un giudice solo dopo la fine dello Yom Kippur, e quindi tra alcuni giorni.

Questa distinzione, che di fatto divide gli attivisti in due categorie, potrebbe determinare destini diversi anche per i membri italiani della Flotilla.

Le reazioni e il ruolo dell’Italia

Dal canto suo, la Farnesina ha ribadito di seguire “con la massima attenzione” la situazione, e di essere pronta a garantire assistenza legale e diplomatica a tutti i cittadini coinvolti. L’ambasciata italiana a Tel Aviv ha già messo a disposizione un team consolare incaricato di gestire i colloqui con le autorità israeliane e monitorare le condizioni dei fermati.

Intanto, il Ministero degli Esteri israeliano ha pubblicato un messaggio sul social X in cui conferma che “tutti i membri della Flotilla stanno viaggiando sani e salvi verso Israele, dove inizieranno le procedure di espulsione verso l’Europa”.

Nonostante il tono rassicurante di Tel Aviv, resta alta la tensione diplomatica, alimentata dalla denuncia degli organizzatori della Flotilla, secondo cui l’intervento israeliano costituirebbe una violazione del diritto marittimo internazionale, trattandosi di un’azione avvenuta in acque internazionali.

Una questione politica e diplomatica complessa

L’episodio ha riacceso il dibattito sul blocco navale imposto da Israele su Gaza, considerato da parte della comunità internazionale una misura illegittima e contraria ai principi del diritto umanitario.

La Global Sumud Flotilla aveva come obiettivo dichiarato quello di forzare simbolicamente il blocco e portare aiuti alla popolazione palestinese. Tuttavia, la reazione di Israele ha trasformato la missione in un caso diplomatico che coinvolge diversi paesi europei, tra cui Italia, Spagna e Francia, i cui cittadini erano a bordo delle imbarcazioni.

Per ora, le autorità italiane escludono incidenti gravi o feriti, ma la vicenda continua a suscitare preoccupazione e proteste sui social, dove si moltiplicano gli appelli per la liberazione immediata degli attivisti.

Mentre Israele prepara i rimpatri e i legali valutano le implicazioni delle firme richieste, la Flotilla diventa così il nuovo terreno di scontro tra ragioni umanitarie e sicurezza nazionale, una questione che rimette al centro il delicato equilibrio tra diritto internazionale e politica di potenza.

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