
Si è conclusa con il licenziamento per giusta causa la vicenda professionale di un ex vicedirettore della redazione sportiva della Rai. La decisione dell’azienda radiotelevisiva di Stato è stata comunicata alla redazione questa mattina, tramite una nota firmata dal direttore. Tale provvedimento è direttamente collegato alle gravi questioni legali che hanno coinvolto il giornalista, in particolare i due procedimenti penali a suo carico per reati di stalking e lesioni personali ai danni di due donne diverse con cui aveva avuto una relazione.
Il procedimento penale e la condanna in primo grado
Il fulcro della decisione aziendale risiede nel primo dei due procedimenti penali, che ha già raggiunto una sentenza di primo grado. A giugno, l’ex vicedirettore Enrico Varriale è stato condannato a 10 mesi di reclusione per i reati di stalking e lesioni personali ai danni della sua ex compagna.
In aula, prima della pronuncia della condanna, il giornalista aveva fatto un’ammissione parziale, riconoscendo di aver sferrato uno schiaffo alla donna. Questo gesto era stato da lui definito come “l’errore più grande della mia vita”, esprimendo pentimento. Tuttavia, il quadro emerso durante il dibattimento processuale è stato molto più grave e complesso, delineando un pattern di comportamenti violenti e vessatori.
Sono stati infatti documentati appostamenti sotto l’abitazione della vittima, un incessante flusso di telefonate, e una serie di scenate e liti violente motivate dalla gelosia. Il dispositivo della sentenza di condanna descrive episodi di inaudita violenza fisica, riportando che il giornalista “la sbatteva violentemente al muro, scuotendole e percuotendole le braccia e sferrandole violentemente dei calci”. A questa violenza fisica si aggiungevano anche minacce esplicite che toccavano l’ambito professionale della donna: l’uomo “diceva di poter incidere su una collaborazione grazie alla quale la donna scriveva”.
Di fronte a queste accuse e ai fatti accertati, il giornalista aveva tentato una difesa, giustificando le discussioni e le reazioni aggressive come manifestazioni della sua “voglia di stabilizzare il rapporto”. Questa linea difensiva non è però riuscita a controbilanciare la gravità degli elementi probatori presentati dall’accusa.
Le nuove accuse da una seconda donna
La posizione dell’ex vicedirettore si è ulteriormente aggravata con l’esistenza di un secondo procedimento penale in corso, anch’esso per le accuse di stalking e lesioni, sporte da una seconda donna con cui aveva intrattenuto una relazione successivamente alla prima.
Questa seconda ex compagna ha fornito una testimonianza drammatica in aula, raccontando di aver subito attacchi di panico e un persistente stato di paura a seguito delle aggressioni. L’episodio centrale della denuncia, avvenuto a dicembre 2021, è stato descritto con dettagli agghiaccianti: “Mi ha dato uno schiaffo a piene mani che mi ha fatto cadere”. Non solo la violenza fisica, ma anche la privazione della libertà, con la donna che ha raccontato: “Quando volevo scappare e lui mi ha chiusa a chiave”. La conseguenza di questi eventi è stata una profonda crisi psicologica: “Da allora ho avuto attacchi di panico, quella era una sensazione di pericolo, soffocamento, tremore”.
Anche in questo caso, le accuse non si limitano all’episodio di violenza fisica, ma comprendono una serie di atti persecutori come l’invio di messaggi molesti, gli appostamenti sotto casa e telefonate anonime dal contenuto terrificante. Un dettaglio particolarmente grave e inquietante è emerso riguardo a queste ultime: le chiamate, che contenevano la minaccia di morte (“Morirai”), venivano effettuate utilizzando una utenza riconducibile alla Rai Radio Televisione spa, con l’accortezza di oscurare il numero chiamante.
Il contenzioso con la Rai e il licenziamento definitivo
Il licenziamento per giusta causa pone fine a un periodo di incertezza professionale e a un contenzioso che l’ex vicedirettore aveva avviato contro la stessa azienda.
Un anno fa, infatti, in seguito all’avvio delle indagini, la Rai aveva deciso di applicare una sospensione cautelare del giornalista dalle sue mansioni. È importante notare che questa sospensione non aveva comportato, almeno inizialmente, la sospensione dello stipendio. Il giornalista, tuttavia, aveva interpretato il suo allontanamento dalla possibilità di svolgere il proprio lavoro come un demansionamento, e per questo aveva intentato causa contro la Rai.
Oggi, con la sentenza di primo grado che ha accertato la sua responsabilità penale nel primo caso e con il secondo procedimento in corso che rafforza il quadro di inidoneità a mantenere un ruolo di responsabilità e di rappresentanza pubblica, l’azienda ha agito in modo definitivo. Il licenziamento per “giusta causa” rappresenta l’atto conclusivo con cui la Rai prende le distanze dai comportamenti ritenuti inconciliabili con l’etica e l’immagine di un’emittente di servizio pubblico, trasformando la sospensione cautelare in una risoluzione definitiva del rapporto di lavoro.