Vai al contenuto

Londra sotto shock: poliziotti razzisti, misogini e violenti smascherati dalla BBC

Pubblicato: 02/10/2025 14:01

Lo scandalo che ha investito Scotland Yard, rivelato dal sensazionale scoop di BBC Panorama, è molto più di una singola macchia sulla reputazione della polizia metropolitana di Londra; è l’inquietante conferma di una tossicità sistemica che il capo della polizia, Sir Mark Rowley, ha giustamente definito “un cancro da estirpare”.

Il giornalista sotto copertura, Rory Bibb, ha trascorso sette mesi infiltrato nel leggendario corpo di polizia, filmando e registrando comportamenti che, una volta resi pubblici, hanno scatenato indignazione nazionale e l’immediata condanna di figure di spicco come il primo ministro Keir Starmer e il sindaco di Londra. Le rivelazioni, concentrate in un unico commissariato di Charing Cross, nel cuore della capitale, hanno portato alla luce un repertorio sconcertante di razzismo, sessismo, misoginia, omofobia e islamofobia che coinvolge direttamente almeno una decina di agenti.

Le scioccanti rivelazioni dal commissariato di Charing Cross

Le immagini e le registrazioni ottenute dal reporter di BBC Panorama offrono uno sguardo crudo e agghiacciante sulle conversazioni e le azioni quotidiane di alcuni agenti della Metropolitan Police. Tra i casi più scioccanti, spicca il comportamento del sergente Joe McIlvenny, con quasi vent’anni di servizio. McIlvenny ha liquidato con indifferenza le gravi accuse di stupro e violenza domestica mosse da una donna incinta, insistendo per rilasciare su cauzione l’accusato, nonostante quest’ultimo l’avesse aggredita e calpestata sul ventre. La sua motivazione? “È solo la versione della donna,” una frase che ha scatenato la legittima rabbia delle colleghe donne presenti.

Un altro agente, Martin Borg, ha mostrato un’eccessiva eccitazione nel vedere un collega, il sergente Steve Stamp, mentre picchiava un sospetto ammanettato a terra, un chiaro segnale di accettazione e, peggio, di esaltazione della brutalità gratuita tra i ranghi. L’agente Phil Neilson, parlando in un pub con il giornalista sotto copertura, ha persino suggerito che i migranti arrestati per aver superato i termini del visto “dovrebbe beccarsi un proiettile in testa,” una dichiarazione che tradisce una mentalità xenofoba e un desiderio di violenza estrema e letale.

Razzismo e islamofobia diffusi

Il reportage ha evidenziato come il pregiudizio etnico e religioso sia radicato e apertamente espresso da alcuni poliziotti. L’agente Borg ha affermato senza mezzi termini che i musulmanici odiano” e che “l’islam è un problema serio.” Le parole di Neilson sono ancora più cariche di odio e disprezzo, definendo i “magrebini, gli algerini, i somali” come i più “schifosi” di tutti, e sostenendo che “ci stanno invadendo” e che “quelli che commettono i maggiori crimini sono proprio i musulmani.”

Queste affermazioni non solo violano ogni principio di imparzialità e rispetto che dovrebbe guidare le forze dell’ordine, ma rivelano una visione distorta e pericolosamente generalizzata che può influenzare direttamente il modo in cui questi agenti trattano le comunità minoritarie. Il reportage ha inoltre documentato una serie di offese sprezzanti rivolte agli omosessuali, completando il quadro di una cultura pervasa da intolleranza e bigottismo.

Misoginia, sessismo e la cultura dell’impunità

Oltre al razzismo, la misoginia e il sessismo si sono dimostrati elementi centrali della “cultura tossica” esposta. Il sergente McIlvenny è stato filmato più volte in servizio in atteggiamenti apertamente misogini, discutendo dettagli scabrosi della sua vita sessuale con il reporter e una collega, ignorando le obiezioni di quest’ultima. Un esempio particolarmente rivoltante della sua volgarità è stato il racconto di una donna che aveva incontrato, definendola un “mostro” e descrivendola con una bestiale e umiliante volgarità: “Era così grassa da avere due fighe“.

Questo tipo di linguaggio, pronunciato apertamente in un contesto lavorativo, non solo crea un ambiente ostile per le colleghe donne, ma evidenzia una profonda mancanza di rispetto e un’oggettivazione delle donne che contraddice i principi etici di Scotland Yard. Gli standard della polizia metropolitana sono espliciti: il comportamento degli agenti, sia in servizio che fuori, non deve in alcun modo “screditare il servizio di polizia né minare la fiducia del pubblico.” Le azioni di questi agenti rappresentano una sfacciata violazione di tali principi.

L’ombra di Sarah Everard: una promessa disattesa

Questo ultimo scandalo giunge in un momento particolarmente delicato per Scotland Yard, ancora sotto i riflettori per il caso aberrante di Sarah Everard del marzo 2021. Everard, 33 anni, fu rapita, violentata e uccisa da un agente in servizio, Wayne Couzens, che abusò della sua autorità e dell’uniforme per convincerla a salire in macchina. Quell’atrocità aveva sconvolto Londra e l’intero Regno Unito, portando la Metropolitan Police a promettere una bonifica radicale e l’impegno a “rimuovere i comportamenti tossici” dai suoi ranghi. Le rivelazioni di BBC Panorama dimostrano, tuttavia, che tale promessa è stata clamorosamente disattesa e che i meccanismi di controllo interno sono gravemente insufficienti.

La reazione del capo e la crisi di fiducia

Sir Mark Rowley, alla guida di Scotland Yard da tre anni, si trova ora in una posizione estremamente difficile. Di fronte alle incalzanti domande dei giornalisti sul perché non si fosse accorto di nulla, ha riconosciuto che le scene sono “inaccettabili” e ha risposto con una misura immediata, sospendendo nove agenti e un membro dello staff, e annunciando che altri due poliziotti saranno rimossi dalle strade. Pur difendendo il suo operato e sostenendo che la bonifica è in corso da anni, Rowley ha ammesso che c’è ancora “del cancro da estirpare” e si è dichiarato determinato a restare al comando, affermando: “sono i razzisti e i misogini che vogliono farmi fuori“.

Nonostante la sua fermezza, la crisi di fiducia è profonda. Lo scandalo non riguarda solo i singoli agenti, ma solleva interrogativi cruciali sulla cultura aziendale della Met e sulla sua capacità di auto-regolamentazione. L’impatto di questo documentario è devastante, specialmente sulle comunità già vulnerabili: donne, migranti, musulmani e omosessuali. Per loro, l’istituzione che dovrebbe proteggerli è stata smascherata come un potenziale focolaio di pregiudizio e abuso. La domanda finale e più cruciale è: come potranno mai fidarsi queste persone, per un motivo o per un altro, di finire nelle mani di Scotland Yard? La risposta è un’amara incertezza, che solo una riforma radicale e trasparente, ben più profonda delle mere sospensioni, potrà iniziare a sanare.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Ultimo Aggiornamento: 02/10/2025 14:23

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure