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Gaza, svolta nei negoziati: Hamas pronto a dire sì al piano Usa, ma con delle condizioni precise

Pubblicato: 02/10/2025 16:36

Fonti vicine ai negoziati indicano che colloqui intensi e “produttivi” si sono svolti tra i mediatori arabi e Hamas riguardo il piano proposto dagli Stati Uniti per porre fine al conflitto in corso a Gaza. L’attesa è alta, poiché si prevede che una risposta formale dal gruppo militante possa arrivare in giornata. Nonostante l’ottimismo generale, la stessa fonte ha tenuto a precisare al Times of Israel che, pur essendo la risposta attesa come “positiva”, essa sarà accompagnata da una richiesta di diverse modifiche alla bozza originale.

Le prime modifiche richieste e il ruolo del Qatar

Il Qatar, che ha giocato un ruolo cruciale come mediatore principale, ha già provveduto a contattare gli Stati Uniti per discutere e negoziare alcune specifiche modifiche al testo del piano. Questo passaggio evidenzia la complessità della situazione, dove il semplice accoglimento di una proposta è insufficiente senza la garanzia di rispondere alle esigenze di tutte le parti in causa. Il coinvolgimento diretto del Qatar con Washington sottolinea la natura multilaterale e delicata del processo negoziale, che necessita di un continuo lavoro di lima e mediazione per superare i punti di attrito. Le variazioni proposte non sono semplici dettagli formali, ma toccano nodi cruciali per la tenuta di un accordo di lunga durata.

I punti focali della controversia: ritiro, disarmo e garanzie

Le modifiche richieste da Hamas e avanzate dai mediatori si concentrano in particolare su tre aspetti fondamentali del piano di pace. Il primo riguarda la gradualità del ritiro delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) dalla Striscia di Gaza. La tempistica e le modalità di questo disimpegno sono di vitale importanza per Hamas, che cerca di assicurare un ritorno effettivo al controllo del territorio e prevenire vuoti di potere o ritardi che potrebbero compromettere l’accordo.

Il secondo punto di frizione è il disarmo di Hamas. Questo è probabilmente il tema più sensibile e difficile da risolvere, in quanto Israele insiste per la smilitarizzazione del gruppo, mentre Hamas considera il proprio apparato militare essenziale per la sua sopravvivenza politica e la resistenza. Qualsiasi accordo dovrà trovare una formula accettabile che riesca a bilanciare le esigenze di sicurezza di Israele con le aspirazioni politiche e di autodifesa di Hamas.

Infine, un elemento cruciale è costituito dalle garanzie di sicurezza per la leadership di Hamas, soprattutto in previsione di un loro eventuale esilio. In uno scenario post-bellico, la sicurezza personale e politica dei capi del gruppo è un prerequisito per l’accettazione dell’accordo. Si cercano assicurazioni internazionali o da parte dei paesi mediatori che possano proteggere i leader da azioni future. Questi tre punti – il ritiro graduale, il disarmo e le garanzie per la leadership – rappresentano il cuore del negoziato e il banco di prova per l’efficacia del piano statunitense. Il fatto che Hamas stia negoziando su questi termini, pur promettendo una risposta “positiva”, suggerisce una disponibilità di principio a discutere la fine del conflitto, a patto che le proprie preoccupazioni fondamentali vengano affrontate seriamente.

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