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Attacco alla sinagoga di Manchester, una delle vittime uccisa dalla polizia: aperta un’inchiesta

Pubblicato: 03/10/2025 13:02
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Un tragico episodio di violenza ha scosso Manchester nel giorno del Kippur, quando una sinagoga ortodossa è stata teatro di un attacco armato. La tensione e la paura si sono trasformate in tragedia quando due fedeli, Adrian Daulby di 53 anni e Melvin Cravitz di 66, hanno perso la vita. Gli aggiornamenti più recenti delle indagini della Greater Manchester Police hanno rivelato un dettaglio inquietante: almeno una delle vittime è stata uccisa non direttamente dall’aggressore, ma da un colpo “amico”, sparato da uno dei poliziotti intervenuti per neutralizzare l’assalitore.
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Lo shock nella comunità ebraica e nella città intera è palpabile. Persone che si erano recate in preghiera si sono trovate coinvolte in un attacco imprevedibile e devastante. Tra i quattro feriti, tre restano in ospedale in condizioni gravi, mentre le autorità continuano a indagare sulla dinamica della sparatoria. Anche un ferito meno grave risulta essere stato colpito accidentalmente dagli agenti. La polizia ha precisato che le vittime erano vicine all’ingresso della sinagoga, non lontano dall’aggressore, il 35enne Jihadi al-Shamie.

Il profilo dell’assalitore

Le prime informazioni sull’autore dell’attacco descrivono un uomo senza precedenti penali noti, arrivato in Regno Unito da minorenne con la famiglia proveniente dalla Siria durante il regime di Assad, e naturalizzato cittadino britannico nel 2006. Al-Shamie è stato ucciso dagli agenti di polizia durante l’intervento, ponendo fine all’attacco. Nonostante ciò, l’evento viene interpretato da molti come un episodio quasi “annunciato”, inserito in un contesto di aumento delle aggressioni e delle minacce antisemite registrate negli ultimi due anni, spesso legate alle tensioni internazionali in Medio Oriente, in particolare all’escalation a Gaza.

Il rabbino capo del Regno Unito, Ephraim Mirvis, ha commentato l’accaduto come il risultato di un’ondata incessante di odio anti-ebraico, sottolineando la gravità della situazione e la necessità di misure concrete per proteggere le comunità. La sua voce ha risuonato tra i fedeli, amplificando il senso di angoscia e la richiesta di sicurezza immediata.

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La risposta del governo britannico

Il premier Keir Starmer è giunto rapidamente a Manchester, accompagnato dalla first lady Victoria Starmer, che ha radici familiari ebraiche, per manifestare vicinanza e solidarietà alla comunità colpita. La visita del leader laburista alla sinagoga ha rappresentato un gesto simbolico di vicinanza, accompagnato dalla promessa di una lotta senza compromessi contro il risorgente antisemitismo.

Anche la ministra dell’Interno, Shabana Mahmood, ha dichiarato che il Paese resta in “stato di allerta massima” dopo l’attacco, con controlli rafforzati e presidi straordinari nelle aree a rischio. Le autorità hanno assicurato che l’indagine prosegue con attenzione, anche alla luce della complessa dinamica dei colpi esplosi durante la sparatoria, che ha portato al tragico bilancio di due morti e diversi feriti.

Il dibattito sulla sicurezza e il fuoco ‘amico’

Il fatto che almeno una delle vittime sia stata colpita da un colpo di fuoco amico ha immediatamente alimentato un dibattito sulla gestione della sicurezza durante le emergenze. Esperti di criminologia e forze dell’ordine sottolineano come gli interventi armati in contesti urbani e affollati siano estremamente delicati, e come anche i protocolli più rigorosi possano portare a conseguenze drammatiche. La questione del fuoco amico complica ulteriormente la percezione pubblica dell’operato delle forze dell’ordine e genera interrogativi sulla preparazione e sulla gestione delle crisi terroristiche.

La comunità ebraica, già provata dalle minacce crescenti degli ultimi anni, si trova ora a dover fare i conti con un lutto profondo e con la paura che un attacco simile possa ripetersi. Molti commentatori definiscono l’episodio come il simbolo di un’escalation di antisemitismo nel Regno Unito, enfatizzata dai legami tra tensioni internazionali e dinamiche interne, con una crescente attenzione all’azione preventiva da parte delle autorità locali.

Solidarietà e preoccupazioni internazionali

Le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. Organizzazioni per i diritti umani e istituzioni ebraiche in tutto il mondo hanno espresso solidarietà e condanna per l’attacco, sottolineando la necessità di protezione delle comunità religiose e di interventi mirati contro episodi di odio motivato da pregiudizi religiosi.

La tragedia di Manchester rimane un monito della fragilità della sicurezza anche nei contesti urbani e apparentemente protetti. La combinazione di un attentatore determinato, la presenza di pubblico e le circostanze del fuoco amico hanno creato un contesto altamente drammatico, con conseguenze dirette sulla vita delle vittime e dei feriti.

Conclusioni

L’attacco alla sinagoga ortodossa di Manchester durante il Kippur ha rivelato non solo la persistente minaccia del terrorismo interno e delle aggressioni antisemite, ma anche i limiti e le sfide della sicurezza urbana. Con due morti, diversi feriti e la complessità del fuoco ‘amico’, il caso pone questioni importanti sul coordinamento delle forze dell’ordine e sulla protezione delle comunità vulnerabili.

Il premier Keir Starmer, il rabbino capo Ephraim Mirvis e la ministra dell’Interno Shabana Mahmood hanno assicurato impegno e vicinanza, ma resta alta la tensione nella città e tra gli ebrei di tutto il Regno Unito. Il Paese osserva con apprensione l’evolversi delle indagini, consapevole che episodi come questo richiedono una risposta rapida, trasparente e efficace, per evitare ulteriori tragedie e per riaffermare il principio di tolleranza zero contro l’antisemitismo.

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