
Il caso Garlasco continua a riservare sviluppi che riportano l’attenzione mediatica su uno dei delitti più discussi degli ultimi vent’anni. Dopo la riapertura dell’inchiesta sul giallo di via Pascoli, la procura ha riacceso i riflettori sugli indizi mai del tutto chiariti, a partire dalle tracce biologiche rinvenute sul corpo di Chiara Poggi fino alle controverse impronte trovate all’interno dell’abitazione. La vicenda, che ha visto già due processi e un lungo iter giudiziario culminato con la condanna definitiva di Alberto Stasi, resta ancora oggi un enigma che divide esperti, investigatori e opinione pubblica.
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Negli ultimi giorni il dibattito si è concentrato in particolare sui reperti considerati “deboli” ma mai completamente esclusi, come il Dna maschile sotto le unghie della vittima e la famosa impronta numero 33. Due elementi che negli anni hanno alimentato ipotesi contrapposte e che adesso tornano al centro dell’attenzione con la nuova strategia difensiva di chi si trova, ancora una volta, a doversi difendere dall’accusa di essere coinvolto nel delitto.

Garlasco, le ultime scoperte
In questo quadro si inserisce la figura di Armando Palmegiani, da poco nominato nuovo consulente della difesa di Andrea Sempio dopo il forfait di Luciano Garofano. Una scelta che ha subito acceso le polemiche, perché sul web sono riemersi vecchi video del canale YouTube “Nero Crime” in cui lo stesso Palmegiani appariva convinto della rilevanza degli indizi a carico del giovane di Garlasco. In quelle registrazioni parlava del Dna sotto le unghie di Chiara, definendolo «attribuibile all’Y di Sempio», e citava l’impronta 33 come elemento degno di attenzione.

Oggi, invece, la sua posizione sembra essersi evoluta. In un’intervista al Corriere della Sera, Palmegiani ha denunciato di essere finito immediatamente «al centro di un attacco mediatico allucinante» appena accettato l’incarico. L’ex poliziotto, con 38 anni di servizio alle spalle e una specializzazione in Bloodstain Pattern Analysis, ha spiegato che le sue dichiarazioni passate sono state «manipolate con spezzoni estrapolati da un discorso più generale». Secondo lui, quel Dna maschile sotto le unghie di Chiara è un profilo incompleto, con una parte parzialmente riferibile a Sempio, ma non sufficiente per arrivare a una vera identificazione.

Alla domanda su perché avesse parlato con tanta sicurezza in passato, pur senza avere accesso a tutti gli atti, Palmegiani replica oggi che quelle erano considerazioni generiche: «Qualora quel Dna fosse di Sempio è troppo leggero per poterlo attribuire». E anche sull’impronta numero 33 il consulente ha cambiato idea: «Non ho dubbi, non porta da nessuna parte. I punti di contatto non sono sufficienti per attribuirla».
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Un posizionamento che sembra smontare le accuse a carico non solo di Andrea Sempio ma anche di Alberto Stasi, condannato all’ergastolo per l’omicidio. «Non ci sono prove certe per la sua condanna», ribadisce Palmegiani, chiarendo che nel suo modo di pensare non serve “affossare Stasi per difendere Sempio”. Per lui, infatti, quest’ultimo resta vittima di un accanimento giudiziario e mediatico: «Per anni è stato sottoposto a un vero inferno. Anche le sorelle Cappa, che non sono nemmeno indagate, sono state massacrate».
La nuova fase dell’inchiesta sul delitto di Garlasco sembra dunque destinata ad accendere ulteriori contrasti tra consulenti e magistrati, in un clima che si conferma complesso e polarizzato. E la figura di Palmegiani, con le sue dichiarazioni passate e presenti, appare ora al centro di un delicato equilibrio tra verità giudiziaria e opinione pubblica.