
La storia della Global Sumud Flotilla continua a catturare l’attenzione internazionale. Dopo giorni di tensioni, accuse di maltrattamenti e forti polemiche sulla sorte degli attivisti, un video diffuso sui social da un noto esponente politico israeliano ha fatto esplodere un nuovo caso. Le sue parole, durissime e destinate a dividere, hanno aperto scenari ancora più incerti sul futuro di chi è stato fermato nelle acque del Mediterraneo.
Ben Gvir alza i toni
A parlare è stato Itamar Ben Gvir, ministro dell’ultradestra israeliana, già conosciuto per le sue posizioni rigide. Nel suo messaggio ha puntato il dito contro il premier Benjamin Netanyahu, criticando la scelta di espellere gli attivisti. Secondo Ben Gvir, infatti, questa decisione non farebbe che incoraggiare nuovi tentativi di ingresso: «Espellerli è un errore, perché torneranno ancora e ancora. Devono restare qui, in carcere, per mesi, così da abituarsi all’odore dell’ala terroristica». Una dichiarazione che non lascia spazio a interpretazioni e che ha acceso ulteriormente il dibattito.

Il trasferimento nel deserto
Intanto, gli attivisti della Flotilla sono stati trasferiti nel carcere di Saharonim, nel deserto del Negev, vicino al penitenziario di Ktziot. La struttura è nota per ospitare migranti e persone coinvolte in vicende internazionali. A confermare lo spostamento è stata l’International Federation for Human Rights, supportata dall’organizzazione legale Adalah, che segue da vicino la vicenda. Non tutti i fermati hanno però avuto lo stesso destino: gli attivisti della barca Marinette, intercettati separatamente, si trovano ancora in una situazione poco chiara.
Lo sciopero della fame
La tensione è salita ulteriormente quando alcuni detenuti, tra cui Alexis Deswaef, vicepresidente della FIDH, hanno rifiutato di firmare documenti che certificavano un presunto “ingresso illegale” in Israele. Secondo i legali, quelle firme avrebbero significato un’ammissione forzata di colpa, in contrasto con la natura umanitaria della missione. Per protesta, diversi attivisti hanno iniziato uno sciopero della fame, chiedendo il rispetto dei propri diritti e delle convenzioni internazionali.

L’attesa di una decisione
Nelle prossime ore, come reso noto da Adalah, si terrà un’udienza presso il carcere di Saharonim per discutere lo status legale dei detenuti. Sarà un passaggio decisivo: da un lato il governo Netanyahu spinge per un’espulsione rapida, dall’altro cresce la pressione delle organizzazioni per i diritti umani, che chiedono garanzie e tutele. Una partita delicata, che potrebbe decidere se gli attivisti resteranno a lungo in Israele o verranno rimandati nei loro Paesi.
Lo sguardo del mondo
Le parole di Ben Gvir hanno rapidamente fatto il giro delle principali testate internazionali, alimentando reazioni e nuove polemiche. L’Europa segue con attenzione la vicenda, mentre le ong denunciano il rischio che Israele applichi una linea ancora più dura rispetto al passato. La sensazione è che la vicenda Flotilla sia destinata a diventare un punto di svolta nei rapporti tra Israele e la comunità internazionale, specialmente sul fronte del rispetto dei diritti umani.