
Mentre una prima Flotilla è già stata fermata e abbordata dalle forze israeliane, un’altra spedizione civile internazionale si prepara a salpare verso la Striscia di Gaza con l’obiettivo dichiarato di sfidare il blocco navale imposto da Israele. Si tratta di una missione congiunta organizzata da due reti di attivisti: la Freedom Flotilla e la Thousand Madleens to Gaza, partite nei giorni scorsi da Otranto (Lecce) e Catania.
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La flotta riunisce decine di persone di diversa provenienza, tra cui giornalisti, infermieri e medici, impegnati a documentare e sostenere quella che definiscono una iniziativa umanitaria contro un blocco “illegale”. Il messaggio che intendono lanciare è chiaro: “La mobilitazione dei cittadini è necessaria a causa dell’inazione dei nostri governi”, spiegano in una nota gli organizzatori.
Le prime imbarcazioni a muoversi sono state quelle della Madleen, con otto barche salpate dal porto di Catania il 25 settembre, seguite dalla partenza della Freedom Flotilla il 30 settembre, composta da una grande nave, la Conscience, e da due velieri a motore più piccoli.
La partenza dalla Turchia e il coordinamento con la flotta mediterranea
Parallelamente, anche dalla Turchia è partita una mobilitazione marittima di 45 imbarcazioni civili, che hanno lasciato i porti locali per unirsi alla missione diretta verso Gaza. Le navi si sono incontrate nel porto di Arsuz, nella provincia meridionale di Hatay, prima di salpare verso le coste palestinesi.
Gli organizzatori di questa parte della spedizione affermano di voler rompere il blocco israeliano e denunciare i crimini di guerra che, a loro dire, avverrebbero nella Striscia. Anche in questo caso, a bordo si trovano civili e attivisti impegnati a sensibilizzare la comunità internazionale sul tema del blocco marittimo di Gaza, considerato da molte organizzazioni umanitarie una misura che limita la libertà di movimento e l’accesso agli aiuti.

Secondo quanto riferito dagli attivisti, la partenza dalla Turchia è stata organizzata in autonomia civile, senza prove di un coinvolgimento diretto del governo di Ankara, che finora non ha confermato alcun sostegno ufficiale. L’iniziativa si inserisce in una rete di movimenti pro Palestina che da anni promuovono azioni simboliche e missioni via mare per attirare l’attenzione internazionale sul blocco imposto da Israele dal 2007.
L’eco dell’abbordaggio e la risposta degli attivisti
La nuova partenza avviene a pochi giorni di distanza dall’abbordaggio della Global Sumud Flotilla, intercettata dalle forze israeliane mentre tentava di avvicinarsi alla Striscia. Quell’episodio ha suscitato proteste e spinto diversi gruppi a rilanciare la mobilitazione via mare, ritenendo che l’azione delle autorità israeliane rappresenti una violazione del diritto internazionale.
In una dichiarazione diffusa dopo l’abbordaggio, gli organizzatori della Freedom Flotilla hanno affermato che l’obiettivo della nuova missione è “denunciare il sistema che rende possibili i crimini di guerra” e rompere simbolicamente l’assedio, portando aiuti e testimoni internazionali verso la popolazione palestinese.
A bordo delle navi, riferiscono fonti del coordinamento, si trovano anche operatori umanitari, giornalisti indipendenti e medici volontari, che intendono documentare ogni fase del viaggio e garantire trasparenza rispetto alle proprie azioni.
Una mobilitazione che attraversa il Mediterraneo
Le due missioni, italiana e turca, convergono in un movimento civile internazionale che percorre il Mediterraneo orientale con l’intento di sfidare un blocco ritenuto ingiusto e disumano. Gli attivisti sottolineano che il loro obiettivo non è lo scontro ma la testimonianza pacifica, volta a richiamare l’attenzione sulla crisi umanitaria a Gaza e sulla responsabilità della comunità internazionale.
Le partenze da Otranto, Catania e Arsuz rappresentano, nelle parole dei promotori, un atto di solidarietà e disobbedienza civile, volto a ribadire il diritto alla libertà di movimento e alla sopravvivenza per la popolazione della Striscia.
Pur in un clima di forte tensione, gli attivisti ribadiscono la natura non violenta della loro iniziativa. Le imbarcazioni non trasportano armamenti né merci destinate al commercio, ma simbolicamente “coscienze libere”, come è stato definito il carico della nave principale, la Conscience, emblema della missione italiana.

Una sfida simbolica ma ad alto rischio
La navigazione verso Gaza rimane un’azione ad alto rischio, sia per le intercettazioni militari israeliane sia per le condizioni geopolitiche instabili dell’area. Tuttavia, per gli attivisti coinvolti, ogni tentativo di avvicinarsi alla costa palestinese ha un valore politico e morale, volto a rompere il silenzio internazionale.
«Abbiamo deciso di partire perché i nostri governi restano fermi — spiegano in una nota congiunta —. È dovere dei cittadini prendere posizione quando le istituzioni si mostrano complici o indifferenti».
Mentre le autorità israeliane continuano a mantenere alta la sorveglianza lungo i confini marittimi della Striscia, le nuove flotte civili avanzano con un messaggio di denuncia e solidarietà, consapevoli del rischio ma determinati a portare avanti una battaglia simbolica per la libertà di Gaza.