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“Pronto a prendere il posto di Elly Schlein”. Clamoroso a sinistra

Pubblicato: 03/10/2025 21:18

Lo sciopero generale indetto in tutta fretta sull’onda delle tensioni internazionali legate alla Freedom Flotilla ha acceso più di un riflettore sull’atteggiamento delle forze sindacali, in particolare sulla figura di Maurizio Landini. Per molti osservatori, dietro la mobilitazione potrebbe esserci qualcosa di più di una semplice rivendicazione di categoria: un posizionamento politico strategico, in un momento chiave.

Il leader della Cgil, da tempo sempre più presente su temi che vanno oltre la contrattazione sindacale, sembra infatti guardare con attenzione crescente allo spazio lasciato libero nel campo dell’opposizione. E con il suo secondo mandato in scadenza il prossimo anno, in molti si domandano se lo sciopero non rappresenti anche un test di leadership politica.

L’appello alla mobilitazione è arrivato a ridosso delle tensioni generate dall’arresto dei 46 italiani a bordo della Flotilla, ma le parole d’ordine della protesta si sono allargate a contenuti sociali, economici e geopolitici. Una scelta che ha dato l’impressione di un’iniziativa costruita per capitalizzare il momento, più che per affrontare una singola vertenza.

In questo scenario, Landini sembra voler rappresentare non solo i lavoratori, ma anche un’idea di Paese alternativo a quello disegnato dal governo Meloni. Più che un segretario sindacale, un possibile candidato simbolico di un centrosinistra ancora in cerca di bussola. Lo testimoniano anche le sue frequenti apparizioni nei cortei, nei dibattiti pubblici e nei talk show televisivi.

Dal governo, le reazioni non si sono fatte attendere: i toni usati da esponenti di centrodestra parlano di “strumentalizzazione politica” e di uno sciopero che “non rappresenta i veri problemi dei lavoratori”. Lo stesso ministro Zangrillo ha sottolineato la bassa adesione nel settore pubblico, leggendo il dato come segnale di scarsa convinzione generale.

Nonostante questo, in piazza la partecipazione è stata significativa, soprattutto nei grandi centri urbani, dove si sono affiancati ai sindacati anche movimenti studenteschi, associazioni pacifiste e spezzoni della sinistra radicale. Un fronte eterogeneo che sembra disegnare un campo largo di protesta, dove l’elemento politico si mescola apertamente a quello sindacale.

In questo contesto, la figura di Landini catalizza inevitabilmente l’attenzione. C’è chi lo vede pronto a diventare una sorta di “nuovo Bertinotti”, capace di portare in dote una parte del mondo del lavoro alla politica attiva. E c’è chi, all’opposto, lo accusa di voler usare il sindacato come trampolino per ambizioni personali.

Che sia l’inizio di un nuovo capitolo o solo una prova di forza dentro e fuori la Cgil, è certo che lo sciopero ha rimesso Maurizio Landini al centro del dibattito pubblico. E ora, più che mai, sarà il prossimo anno a chiarire se resterà solo un leader sindacale o se proverà davvero a giocare un ruolo politico diretto.

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