
Il Centro Tecnico Federale della FIGC a Coverciano, abituale e iconica sede dei ritiri della Nazionale italiana di calcio, è stato oggi, venerdì 3 ottobre, il punto d’arrivo di un corteo di manifestanti organizzato dall’Unione Sindacale di Base (Usb).
La protesta, caratterizzata da una forte carica politica e umanitaria, è stata indetta con l’obiettivo primario di esigere l’annullamento della partita amichevole tra Italia e Israele, in programma a Udine il prossimo 14 ottobre. La manifestazione ha rappresentato una chiara e ferma espressione di opposizione alla politica israeliana e di solidarietà incondizionata con il popolo palestinese. I partecipanti hanno scandito in modo inequivocabile il loro messaggio: “Quella partita non deve giocarsi“.
La motivazione della protesta e la solidarietà
La scelta di manifestare proprio di fronte al “cuore pulsante” del calcio italiano non è stata casuale. Coverciano, in quanto simbolo del calcio nazionale e sede della preparazione atletica degli Azzurri, è stata individuata come la piattaforma più visibile e risonante per sollevare la questione a livello mediatico e istituzionale. I manifestanti, provenienti da diverse realtà sindacali e associative, hanno voluto lanciare un segnale forte alla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), chiedendo una presa di posizione netta e un ripensamento sull’incontro calcistico.
L’evento sportivo, sebbene formalmente un’amichevole, è stato interpretato dagli organizzatori come un’implicita forma di normalizzazione o, peggio, di sostegno, alle politiche del governo israeliano nei confronti dei territori palestinesi. La richiesta di annullamento è quindi motivata da ragioni di coscienza e dal desiderio di evitare che lo sport, in questo caso il calcio, venga utilizzato, anche involontariamente, come strumento di legittimazione politica. L’azione vuole inoltre fungere da cassa di risonanza per le voci di chi, a livello internazionale, chiede un boicottaggio culturale e sportivo come forma di pressione non violenta.
Il doppio binario del corteo e il ruolo della CGIL
È interessante notare come la mobilitazione di oggi abbia seguito un percorso diversificato. Mentre il nucleo più determinato, quello guidato dall’Usb, ha deviato dal tragitto autorizzato per raggiungere Coverciano e mettere sotto i riflettori la questione della partita Italia-Israele, un altro spezzone del corteo ha mantenuto la rotta iniziale. Quest’ultima parte della manifestazione, promossa dalla CGIL, si è fermata davanti al celebre stadio Artemio Franchi di Firenze, come stabilito dal piano autorizzato. Questa divisione, sebbene non necessariamente indicativa di una frattura ideologica, suggerisce una diversificazione nelle priorità e nelle strategie d’azione tra le diverse sigle sindacali coinvolte.
L’Usb ha optato per un’azione di rottura e di maggiore impatto simbolico per focalizzare l’attenzione sul tema specifico della partita, collegandolo in modo diretto alla sede della Nazionale. La CGIL, d’altro canto, pur partecipando alla mobilitazione generale in solidarietà con il popolo palestinese, ha preferito attenersi al percorso prestabilito, forse per dare maggiore enfasi a un messaggio più ampio o per rispettare le autorizzazioni ricevute. Entrambe le azioni, tuttavia, convergono nel manifestare un profondo disagio e una sentita opposizione alle violazioni dei diritti umani e alla situazione di conflitto che persiste in Medio Oriente.
Implicazioni istituzionali e il dibattito sportivo
La protesta solleva interrogativi significativi sulle intersezioni tra sport, etica e politica. Le federazioni sportive, e la FIGC in particolare, si trovano spesso in una posizione delicata, dovendo bilanciare gli impegni sportivi internazionali con le pressioni e le sensibilità politiche interne ed esterne. La richiesta di annullamento di un’amichevole pone un precedente importante e riaccende un dibattito, mai sopito, sul ruolo degli atleti e delle organizzazioni sportive come attori sociali e morali. Molti attivisti e partecipanti al corteo sostengono che, in contesti di gravi e prolungate crisi umanitarie o politiche, l’adesione a eventi sportivi con i paesi coinvolti possa essere percepita come una forma di complicità indiretta.
La pressione esercitata su Coverciano è un chiaro tentativo di spostare il dibattito dal campo puramente sportivo a quello dei diritti umani e della responsabilità civile. L’evolversi della situazione e la possibile risposta da parte della FIGC e del Governo italiano saranno fondamentali per comprendere l’impatto reale di questa determinata giornata di protesta.