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“Dovreste baciargli i piedi”. Landini, accusa shock a Salvini! E poi: “Ecco chi ti paga!”

Pubblicato: 04/10/2025 10:05

In piazza Vittorio, alle 9 del mattino, una studentessa avvolta nella bandiera palestinese gli passa di fianco, con le mani tiene in aria un cartello: «Meno bombe, più bomboloni», c’è scritto. Sottinteso: alla crema. Maurizio Landini la guarda e sorride: «Oggi in piazza i giovani ci stanno dando una lezione, bisogna essere onesti, lo dico da sessantenne con i capelli bianchi. La loro è una partecipazione straordinaria e senza precedenti, ci chiedono un futuro di pace e giustizia sociale».

Intorno a lui c’è il mare rosso della CGIL per Gaza: le sigle dei trasporti, dei chimici, delle manifatture, dei pensionati. E poi il vecchio servizio d’ordine della Fiom: la miglior garanzia per un corteo sereno, senza incidenti. Come questo. «Maurì, oggi facciamo la storia», gli grida un militante, mentre lui è già finito dentro un bosco di telecamere e sta mandando messaggi a Meloni, Salvini, Piantedosi. Tiene banco soprattutto la frase della premier sul «weekend lungo».

La polemica con il Governo e la difesa dello sciopero

«Scioperare vuol dire rinunciare allo stipendio — dice Landini — un governo intelligente dovrebbe essere orgoglioso di questa manifestazione perché fatta da persone perbene che vogliono difendere l’onore di questo Paese. Un livello così basso non me l’aspettavo. Chi è qui non si è messo in ferie, ma ha scelto di non essere indifferente verso il governo fascista di Netanyahu». Poi la stoccata a Salvini: «Sono qui quelli che pagano le tasse e perciò anche gli stipendi ai nostri ministri. Che dovrebbero baciare dove queste persone mettono i piedi. Non denigrarle o minacciarle perfino».

L’abbraccio con Flotilla e l’unità di facciata

E mentre il corteo si mette in moto, diretto a piazza dei Cinquecento, ecco che spunta Maria Elena Delia, la portavoce della Flotilla: «Indubbiamente qui mi trovo più a mio agio che a trattare con Crosetto e Tajani…». Delia si piazza vicino a Landini e alza il pugno chiuso cantando con lui Bella ciao. «Che bello, Maurizio, vedere qui i sindacati uniti, è quasi un miracolo politico», gli dice camminando insieme dietro allo striscione che apre: «Stop al genocidio, siamo tutti Global Sumud Flotilla».

La frattura tra CGIL e USB e il percorso separato

Sindacati uniti, però, mica tanto. Questo sciopero promosso da CGIL e USB vede le due organizzazioni molto distanti, anche fisicamente. L’USB romano di Guido Lutrario e Nunzio D’Erme, ex Invisibili, Tute bianche, Disobbedienti, non aspetta Landini in piazza dei Cinquecento. L’ipotesi dello «spezzone unitario» tramonta presto. Quando prima delle 13 arriva in piazza pure la CGIL, l’USB sta già puntando il ministero dei Trasporti, a Porta Pia, dove lanceranno slogan pesantissimi contro Salvini. Ma in quel momento il segretario della CGIL è già rientrato nella sede di Corso d’Italia, quella assaltata il 9 ottobre di 4 anni fa dai fascisti di Forza Nuova: «Ora si trova nella war room per fare l’analisi della giornata», dice il segretario romano cigiellino, Natale Di Cola, che invece continua a sfilare con gli altri.

Il futuro della mobilitazione e il dissenso finale

«I veri patrioti sono questi ragazzi in piazza — aveva detto Landini, prima di lasciare il corteo —. E noi ora ci mettiamo al servizio della missione iniziata da Flotilla per la pace e la libertà. Perciò non ci fermeremo». Già oggi il segretario sarà alla manifestazione dei pro Pal a Porta San Paolo. Poi domenica prossima andrà alla marcia Perugia-Assisi. E infine dà appuntamento di nuovo a tutti per sabato 25 ottobre a San Giovanni. «Ma noi non ci saremo — taglia corto Lutrario di Usb —. Noi siamo un’altra cosa».

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