
La tensione politica in Italia si concentra sui diritti di sciopero e manifestazione, con la premier Giorgia Meloni che adotta un approccio cauto e pragmatico, distinguendosi (almeno in apparenza) dalla linea più aggressiva e restrittiva promossa dalla Lega di Matteo Salvini. Meloni, pur restando in silenzio pubblico per un’intera giornata riguardo la mobilitazione della CGIL per Gaza e la Flotilla – una mossa che definisce internamente una “operazione politica” – ha espresso una chiara priorità: comprendere l’impatto economico di queste azioni.
La sua richiesta, formulata durante l’ultimo Consiglio dei Ministri (Cdm) subito dopo l’informativa di Salvini sugli scioperi, è stata categorica: “Fatemi sapere quali sono i costi esatti. Poi sarò io a parlarne agli italiani”. Questa postilla, interpretata dai suoi stretti collaboratori come il preludio a un inasprimento dei toni e una campagna mediatica ancora più incisiva contro la CGIL di Maurizio Landini, rivela una strategia che punta a spostare il dibattito sul piano del danno economico per la nazione. Per il momento, l’azione di Fratelli d’Italia si limita agli attacchi verbali e alla produzione di dossier da parte dell’ufficio studi, coordinati dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari.
La linea morbida di Meloni e l’ossessione per i costi
La premier Meloni sta navigando con cautela in questo terreno minato, cercando un equilibrio tra il sostegno politico agli alleati e il timore di complicazioni legali o reazioni sindacali eccessive. La sua ritrosia a sposare immediatamente le proposte più dure della Lega, in particolare quella sulle cauzioni per le manifestazioni, è dettata non solo da una valutazione politica, ma anche da un pessimismo sugli “intoppi giuridici” che tali misure potrebbero incontrare. Invece di una stretta tout court sui diritti, Meloni sembra voler costruire la sua critica sulla base dei dati concreti, trasformando la questione sindacale in un problema di spesa pubblica e inefficienza economica. Questa enfasi sui “costi esatti” suggerisce che un eventuale inasprimento delle misure repressive potrebbe essere preceduto da una martellante campagna di comunicazione volta a giustificare le azioni del governo come necessarie per tutelare l’interesse economico degli italiani, mettendole in diretta contrapposizione con le rivendicazioni sindacali.
La stretta restrittiva del Carroccio: cauzioni e maxi-multe
Il Carroccio, al contrario della premier, chiede azioni immediate e concrete, spingendo per modifiche legislative o decreti che limitino l’impatto di scioperi e cortei. La Lega è promotrice di due misure principali: l’introduzione di “cauzioni” (una sorta di caparra) a carico degli organizzatori di manifestazioni, destinate a rimborsare eventuali danni (nonostante la consapevolezza che i danni siano spesso causati da “gruppuscoli autonomi” e non dai promotori), e un drastico aumento delle sanzioni per chi sciopera nonostante il “niet” dell’autorità garante.
La proposta sulle sanzioni è particolarmente severa e mira a rendere obsolete le attuali multe, risalenti al 1990, che oscillano tra i 2.500 e i 50.000 euro. Fonti di primissimo piano del Mit (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), guidato da Salvini, indicano che il nuovo tetto minimo dovrebbe salire a 10.000 euro, mentre quello massimo arriverebbe a ben un milione di euro. Questa mossa è percepita come una minaccia diretta al potere contrattuale dei sindacati, in particolare dopo che il Garante ha riscontrato “vizi” nella convocazione della recente mobilitazione. L’entourage di Salvini sta valutando se procedere tramite decreto governativo (la mossa preferita, in quanto più rapida) o attraverso un disegno di legge di iniziativa parlamentare, che ingloberebbe sia la proposta sulle cauzioni (con alcune possibili esenzioni a discrezione del Viminale) che quella sulle maxi-multe.
Gli alleati e il diritto di sciopero: una spaccatura nel centrodestra
La decisione finale dipenderà dal parere degli alleati di governo. Sebbene Meloni e Salvini abbiano discusso brevemente della questione con Antonio Tajani (Forza Italia) e Carlo Nordio (Giustizia), la coalizione non è unanime. Forza Italia ha già espresso un pubblico “niet” all’ipotesi delle cauzioni, giudicandola probabilmente troppo rischiosa sul piano dei principi e giuridico. Tuttavia, si mostra più possibilista riguardo l’inasprimento delle sanzioni. Il portavoce nazionale degli azzurri, Raffaele Nevi, ha sintetizzato la posizione di FI con pragmatismo: “Se la Cgil trasforma gli scioperi, che sono sacrosanti, in una baracconata, qualcosa si dovrà pur fare”. Questo suggerisce che FI potrebbe appoggiare un ritocco delle multe purché non venga percepito come un attacco frontale al sacrosanto diritto di sciopero.
L’opposizione, intanto, si mobilita a difesa dei diritti fondamentali: Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha partecipato alla manifestazione per Gaza lanciando un chiaro monito al governo: “Giù le mani dal diritto di sciopero”. Questo posizionamento rafforza la dicotomia tra maggioranza e opposizione, trasformando la polemica sui costi e le sanzioni in una battaglia ideologica sulla libertà di mobilitazione e l’autonomia sindacale. La premier, al momento, mantiene un profilo attendista, decisa a non sbilanciarsi sulla stretta sulle sanzioni finché non avrà tra le mani i dati precisi sui “costi” che ritiene essere la chiave per orientare l’opinione pubblica e giustificare, eventualmente, una futura linea di maggiore rigore.