
A Roma, oggi, dietro lo striscione nero che proclama “7 ottobre: giornata della Resistenza palestinese”, si consuma uno spettacolo che nessuna democrazia occidentale dovrebbe accettare con indifferenza. È la glorificazione implicita di un massacro, trasformato in simbolo politico e brandito come fosse un vessillo di libertà. Attorno a quella scritta, le bandiere della Palestina sventolano accanto a quelle di Hamas e Hezbollah, mentre dai megafoni arrivano parole che non lasciano spazio a dubbi: “Appoggiamo la resistenza armata del popolo palestinese”. Una formula che, tradotta in modo onesto, significa approvazione della violenza, del terrore, dell’assassinio.
Le immagini che nessuno mostra
In altre immagini si leggono cartelli con scritte come “Death to the IDF” e “Morte al sionismo”, mentre i cori invocano la distruzione di Israele. È questa la piazza che molti scelgono di raccontare solo a metà. Nelle dirette televisive, lo striscione nero quasi non compare: la telecamera indugia sui volti, sulle famiglie, sui bambini, ma evita di inquadrare ciò che realmente definisce il senso politico di quella manifestazione. Si mostra la superficie, non il contenuto.
Il silenzio dei media
Questa omissione è la parte più grave. Perché un giornalista non deve essere complice del travisamento. Eppure oggi, ancora una volta, la gran parte dei media italiani ha scelto di non mostrare, di non raccontare, di non pronunciare la verità che aveva davanti agli occhi: che in una piazza italiana, nel 2025, si è marciato inneggiando alla stessa data in cui centinaia di civili israeliani furono massacrati nei kibbutz, nei festival, nelle case.
C’è chi dice che il giornalismo debba restare neutrale. Ma non lo è mai, quando decide cosa far vedere e cosa no. In questo caso, la neutralità è diventata omertà. Per paura di essere accusati di “islamofobia”, per conformismo politico o per pigrizia morale, gran parte dell’informazione nazionale sta scegliendo di ignorare la deriva ideologica che trasforma un atto terroristico in una festa di piazza.
È la vittoria del relativismo e la sconfitta della verità. E non sarà possibile, domani, dire “non lo sapevamo”. Perché lo abbiamo visto tutti: lo striscione nero c’era, le bandiere di Hamas c’erano, e anche il silenzio complice dei giornalisti c’era.