
Ancora morte nel Mediterraneo. Nove persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa: sette sono scomparse tra le onde sotto gli occhi dei compagni di viaggio, mentre altre due sono decedute dopo il soccorso a bordo della nave Humanity 1 dell’ONG tedesca Sos Humanity. L’imbarcazione aveva tratto in salvo 39 migranti superstiti, ma per alcuni non c’è stato nulla da fare.
Il gruppo viaggiava a bordo di un gommone grigio, sovraffollato, con i comandi in avaria. Erano in gran parte profughi sudanesi in fuga dalla guerra, senza acqua né viveri, e si trovavano in balìa di onde alte fino a tre metri. L’avvistamento è avvenuto venerdì pomeriggio nella zona di soccorso maltese, a sud-est di Lampedusa, proprio mentre l’isola commemorava i 368 morti del naufragio del 3 ottobre 2013, nel dodicesimo anniversario della tragedia.
L’equipaggio della Humanity 1 ha denunciato come inizialmente alle autorità italiane fosse stata richiesta un’evacuazione urgente e un porto sicuro vicino, ma è stato assegnato Bari, a oltre mille chilometri di distanza. “Una decisione inaccettabile – scrive l’ONG – presa nonostante le critiche condizioni mediche a bordo, le persone appena salvate e il maltempo. Una violazione del diritto marittimo, oltre che un atto disumano”.
I migranti erano in mare da almeno quattro giorni. Quando la nave li ha intercettati, le condizioni meteo erano proibitive. Le 41 persone salvate erano in stato di ipotermia e disidratazione, molte non riuscivano neanche a camminare. Le ore successive al salvataggio sono state drammatiche: una persona è morta nella notte, mentre un tentativo di evacuazione con elicottero è fallito a causa del forte vento. Un’altra è poi collassata a bordo, senza che i medici riuscissero a salvarla.
Solo all’alba, con il tempo leggermente migliorato, la Guardia costiera italiana ha potuto evacuare cinque persone, tra cui una madre con il suo bambino gravemente ustionati per l’effetto corrosivo della miscela di benzina e acqua salata, comune nei naufragi con gommoni malmessi e motori difettosi.
Mentre la nave fa rotta verso Porto Empedocle, Sos Humanity denuncia l’assenza di un sistema strutturato di soccorso europeo. “Sono passati 12 anni dalla tragedia di Lampedusa – scrive l’ONG – eppure tre persone al giorno in media continuano a morire nel Mediterraneo centrale. Le bare del 2013 provocarono indignazione e promesse, ma oggi l’Europa non ha ancora attivato un programma di salvataggio comune”.
Il ricordo del 3 ottobre 2013 è ancora vivo nelle parole degli operatori umanitari. “Allora tutti parlarono di mai più, l’UE si impegnò a intervenire. Ma da allora poco o nulla è cambiato. Le stesse immagini di morte, le stesse omissioni, le stesse tragedie si ripetono”.
Le autorità italiane e maltesi, da parte loro, restano nel mirino delle critiche. Ong, associazioni per i diritti umani e perfino alcune agenzie internazionali ricordano che la responsabilità dei soccorsi in mare è un obbligo sancito dal diritto internazionale, e che assegnare porti lontani in condizioni di emergenza sanitaria rappresenta un rischio concreto per la vita delle persone salvate.
La rotta del Mediterraneo centrale continua a essere la più letale al mondo per chi fugge da guerre, persecuzioni e miseria. E mentre le ONG tentano di colmare il vuoto lasciato dalle istituzioni, la conta dei morti non si ferma.