
La toccante confessione dell’attore Remo Girone, scomparso a 76 anni, ha illuminato aspetti privati e professionali della sua vita, in particolare la sua battaglia contro il cancro e le sfide emotive che ha dovuto affrontare nel corso della sua illustre carriera. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera nel 2024, Girone è tornato a parlare apertamente del tumore alla vescica che lo colpì, un evento che non solo minacciò la sua salute ma mise in serio pericolo la sua partecipazione a uno dei ruoli più iconici del panorama televisivo italiano: quello del mefistofelico Tano Cariddi nella celebre fiction La Piovra. L’incrocio tra la lotta per la vita e l’impegno sul set rappresenta un capitolo significativo, che sottolinea la tenacia e la passione che hanno sempre animato l’artista, pur tra le difficoltà.
La malattia e il rischio di perdere Tano Cariddi
Il racconto di Remo Girone si concentra sull’impatto devastante che la malattia ebbe sulla sua carriera. Dopo la diagnosi di tumore alla vescica e il conseguente intervento chirurgico, l’attore si trovò a dover affrontare un ciclo di chemioterapia. Questo periodo di cure mediche e di necessaria convalescenza divenne immediatamente un problema per i produttori della fortunata serie. Le loro preoccupazioni riguardavano ovviamente la continuità delle riprese e la tenuta fisica dell’attore in un ruolo così centrale e complesso. La tensione crebbe quando i produttori manifestarono l’intenzione di interrompere il contratto con Girone e di sostituirlo con un altro personaggio, evidentemente simile a Cariddi nelle funzioni narrative, per non stravolgere la trama della serie. Questa prospettiva, che significava non solo un danno economico ma soprattutto la perdita di un ruolo fondamentale nella sua carriera, spinse Girone a una reazione immediata.
L’intervento della moglie e la soluzione brillante
Di fronte alla minaccia di essere estromesso dal cast, Girone non si arrese. Ricorda di essersi recato a reclamare la sua posizione, affiancato dal suo avvocato, nel tentativo di far valere i suoi diritti e la sua importanza per la serie. Tuttavia, la svolta decisiva, che dimostra come spesso il supporto familiare sia cruciale nei momenti di crisi, arrivò grazie a una brillante intuizione della moglie dell’attore. Invece di battersi per una continuità forzata o per una risoluzione puramente legale, la consorte di Girone propose al regista una soluzione pragmatica ed elegante dal punto di vista narrativo.
Considerando che la troupe stava girando la nona serie, l’idea fu di far chiudere anticipatamente la partecipazione di Tano Cariddi in quella stagione con una “bellissima scena” conclusiva, che potesse dare un senso di pausa o sospensione al suo personaggio. Questa interruzione temporanea avrebbe permesso a Girone di concentrarsi completamente sulle sue cure e di completare la chemioterapia, per poi tornare nel cast per la decima serie in piena forma fisica. Questa proposta fu accettata, trasformando un potenziale licenziamento in una pausa strategica.
La guarigione e il ritorno trionfale di Tano
La strategia ideata dalla moglie di Girone si rivelò un successo sotto tutti gli aspetti. L’attore poté dedicarsi con serenità alla sua salute, e il suo impegno e la medicina diedero i loro frutti: il tumore fu guarito. Grazie all’accordo raggiunto, Remo Girone poté riprendere il suo iconico ruolo, con Tano Cariddi nuovamente in pista per la decima e ultima stagione de La Piovra. Questo episodio non è solo un aneddoto professionale, ma un potente esempio di come la determinazione personale e l’amore possano superare ostacoli apparentemente insormontabili, permettendo a Girone di onorare il suo impegno artistico dopo aver vinto la sua battaglia più importante, quella per la vita. La resilienza di Girone è un elemento che spicca in questo ricordo, confermando la sua statura non solo come attore, ma come uomo.
Il dolore della depressione e l’esperienza con Ronconi
Al di là della malattia fisica, Girone ha aperto una finestra anche sul suo benessere mentale e sulle sfide emotive più profonde. L’attore ha rivelato un periodo di grande fragilità psicologica, culminato con un episodio professionale che lo segnò profondamente. Era stato scelto dal maestro Luca Ronconi per uno dei suoi spettacoli, un’occasione di grande prestigio. Nonostante avesse già lavorato con Ronconi, una figura titanica del teatro italiano, Girone si rese conto in quel momento di non essere adatto al ruolo che gli veniva proposto. Ammettendo i suoi limiti o la sua inadeguatezza per quella specifica parte, il regista decise di sostituirlo.
L’impatto di questa decisione fu devastante per l’attore: «Mi crollò il mondo addosso, pensavo di aver sbagliato tutto nella mia vita», ha confessato. Questa crisi di autostima e di identità professionale innescò un periodo di grande sofferenza mentale. Per curare questa profonda ferita psicologica e la depressione che lo attanagliava, Girone ha intrapreso un lungo percorso di psicoanalisi durato anni e ha fatto ricorso agli psicofarmaci. La depressione, come un’ombra, era una condizione “che andava e veniva”, a dimostrazione di quanto la vita di un artista, pur circondata dal successo, possa essere segnata da fragilità e battaglie interiori complesse e spesso invisibili al pubblico. La sua onestà nel parlarne offre una preziosa testimonianza sulla salute mentale nel mondo dello spettacolo.