
Il giudice: “Colpì moglie e figli con un masso di 7 chili”
“Se tornasse libero, ucciderebbe anche il terzo figlio“. È la frase agghiacciante scritta dal gip Silvia Lubrano nell’ordinanza di convalida del fermo di Salvatore Ocone, il 58enne accusato di aver ucciso a colpi di pietra la moglie Elisabetta (Elisa) Polcino, 49 anni, e il figlio Cosimo, 15 anni, riducendo in fin di vita la figlia sedicenne. Il magistrato parla senza mezzi termini di una “ferocia omicida” mai vista, scatenata da una furia incontrollabile.
Secondo la ricostruzione del giudice, Ocone avrebbe colpito i familiari con un masso di circa 5-7 chili, infierendo fino a ridurli in condizioni disperate. “Mi è schizzata la testa come una molla all’improvviso“, avrebbe detto l’uomo agli inquirenti, cercando di giustificare l’impeto di violenza che ha trasformato la sua casa in un teatro di orrore. Solo il figlio maggiore, Mario, si è salvato: era a Rimini per lavoro. Ma, scrive il gip, se fosse stato in casa “avrebbe subìto la stessa sorte“.
La strage familiare e il profilo di Ocone
Dopo aver colpito la moglie e i figli, Ocone si è fermato in auto alle porte di Campobasso, a Ferrazzano. Ha raccontato di aver tentato il suicidio, ma non ha mai pensato di portare i figli in ospedale. Agli inquirenti di Benevento ha detto di aver ucciso la moglie perché “era autoritaria e voleva comandare in casa”, mentre i figli “non dovevano restare soli senza la madre”.

Il suo avvocato ha descritto un uomo incapace di comprendere la gravità del gesto, affermando che “non ha stabilità psichica, non fa domande e ha lo sguardo fisso nel vuoto”. Ocone era già stato sottoposto a TSO nel 2011 per depressione ed era seguito dai medici, ma da tempo aveva smesso di assumere i farmaci.
Le condizioni della figlia sedicenne
Resta intanto riservata la prognosi per la figlia 16enne, ricoverata all’ospedale Neuromed di Pozzilli. Il bollettino medico parla di condizioni “cliniche e neurologiche stazionarie“. La giovane è ancora sedata, intubata e in ventilazione meccanica, con parametri vitali stabili ma sotto costante monitoraggio.
Una famiglia distrutta, una comunità sotto choc e un giudice che si esprime con assoluta chiarezza: la violenza di Ocone è stata tanto cieca quanto premeditata, e la sua libertà”, scrive il gip, “rappresenterebbe un rischio concreto” anche per l’unico figlio rimasto in vita.