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Incubo Sinner, ecco cosa ha davvero: tutti gli indizi della sua “debolezza”

Pubblicato: 05/10/2025 21:37

Jannik Sinner lascia il Shanghai Masters nel terzo set per crampi alla coscia destra, in una serata segnata da caldo e umidità fuori scala. L’immagine dell’azzurro accompagnato fuori dal campo alimenta la percezione di una fragilità che torna a far discutere, ma il quadro clinico – al momento – resta circoscritto: non c’è diagnosi muscolare, c’è un episodio acuto legato allo stress termico. Sullo sfondo, un torneo che mette alla prova tutti: più giocatori parlano di condizioni “brutali”, riaccendendo il dibattito su regole e protocolli di protezione dal calore. È da qui che parte l’inchiesta: che cosa è successo davvero oggi, quali sono i precedenti rilevanti e fino a che punto si può parlare di “debolezza” strutturale.

Al momento del ritiro il punteggio è 6-7(3) 7-5 3-2 per Tallon Griekspoor, dopo oltre due ore e mezza di scambi ad alta intensità. Il contesto pesa: l’umidità comprime i tempi di recupero, la temperatura elevata accelera la disidratazione e rende più probabili i crampi generalizzati. Nel frattempo il tabellone asiatico ha già visto altri forfait eccellenti e ciò accentua il tema della gestione dei carichi tra Pechino e Shanghai. Ma il ritiro per crampi non coincide, di per sé, con una lesione: è un campanello su idratazione, elettroliti, acclimatazione e fatica neuromuscolare.

Cosa è successo oggi a Shanghai

Il problema emerge a inizio terzo set: Sinner avverte irrigidimenti importanti alla parte alta della gamba destra, chiede assistenza e infine si ferma sul 3-2. La dinamica è tipica dei crampi da sforzo prolungato: contratture dolorose, difficoltà a riprendere l’attività anche dopo stretching e integrazione, rischio di recidiva a breve distanza. In questi casi la priorità medica è ripristinare fluidi e sali, abbassare la temperatura corporea e prevenire ulteriori spasmi. In assenza di un referto differente, l’episodio resta compatibile con heat illness di grado lieve-moderato.

Il torneo riporta in primo piano un vuoto regolatorio noto: nel circuito ATP non esiste una “heat rule” univoca come in altri contesti, dove l’indice WBGT (Wet Bulb Globe Temperature) guida stop, pause extra o spostamenti di orario. La discussione tra giocatori e organizzatori si concentra su tre punti: finestre orarie nelle giornate estreme, disponibilità effettiva di ice towels e aree di raffreddamento, tempi medici realmente utilizzabili senza snaturare il gioco. È il terreno su cui si misurano performance e tutela della salute.

I precedenti e la vera natura della “debolezza”

Per capire se esista davvero una “debolezza” ricorrente bisogna guardare alla storia recente. Nell’estate 2025, a Cincinnati, Sinner si ritira in finale per un malessere di natura virale in condizioni ancora una volta calde e umide: episodio acuto, non una lesione muscolare. A Wimbledon 2025 lo staff parla di un gomito “da gestire” dopo una caduta, ma il torneo prosegue regolarmente. Agli US Open 2025 compaiono vesciche alla mano (dito anulare fasciato), fastidio reale ma impatto competitivo limitato.

Scendendo indietro: la stagione 2024 si era complicata con lo stop per anca tra Madrid e Roma, primo vero segnale su una catena cinetica da monitorare nei periodi di carico intenso su terra. Nel 2022 arrivano tre stop diversi: ginocchio sinistro al Roland Garros, distorsione alla caviglia in Sofia, vesciche a Miami. Il primo ritiro in carriera risale al 2020 a Vienna, ancora per vesciche. Il filo rosso è chiaro: tanti episodi acuti, spesso situazionali; pochi indizi di una criticità cronica singola e conclamata, fatta eccezione per l’anca 2024 e il gomito 2025 che il team ha già in gestione preventiva.

La fisiologia dell’esercizio è netta: i crampi da sforzo nascono dall’interazione tra disidratazione/elettroliti e affaticamento neuromuscolare. L’umidità riduce l’efficacia della sudorazione, aumenta la ritenzione di calore, anticipa la fatica periferica; i match lunghi e densi di scambi, tipici del gioco di Sinner – pressione costante, cambio-ritmo, tanta permanenza in spinta – alzano ulteriormente il consumo di carboidrati e la richiesta di sodio. In assenza di adeguata acclimatazione, la soglia di tolleranza si abbassa e l’episodio acuto diventa probabile.

Manca una nota ufficiale del team con diagnosi e tempi di recupero post-Shanghai. Finché non arriva, l’unico dato solido è il ritiro per crampi in ambiente ad alto stress termico. È prudente attendere le prossime 24-48 ore per valutare se compaiano indolenzimenti secondari o se il programma agonistico resti invariato. L’episodio, in ogni caso, conferma che la “debolezza” di Sinner è meno una falla strutturale e più un tema di gestione nelle settimane a caldo e umidità estremi.

Chiamarla debolezza è fuorviante se per debolezza intendiamo una lesione cronica o un limite anatomico. Il profilo che emerge è diverso: una vulnerabilità agli stress ambientali quando si combinano carico, viaggi, recupero stretto e umidità elevata. La buona notizia è che questa è la parte più allenabile del problema: acclimatazione, integrazione, timing dei carichi, uso rigoroso degli strumenti di raffreddamento e scelte di calendario più chirurgiche nelle finestre critiche. Se il perimetro resta questo, l’incubo di Shanghai è più una lezione operativa che un verdetto sul fisico di Sinner.

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