
Matteo Renzi ha scelto la chiusura della Leopolda per lanciare una delle sue frasi più taglienti degli ultimi anni. Davanti alla platea fiorentina, l’ex premier ha messo in chiaro che la prossima sfida politica si gioca su un obiettivo preciso: “Noi dobbiamo arrivare al dieci per cento, altrimenti Meloni andrà al Colle”. Un avvertimento più che una previsione, con cui Renzi tenta di scuotere il fronte riformista e di spostare il baricentro del dibattito nazionale dal governo al Quirinale.
Un messaggio al campo riformista
Nel suo discorso, Renzi ha descritto una scena politica in cui la destra, forte del consenso e dell’inerzia istituzionale, potrebbe trasformare il sogno presidenzialista in una realtà concreta. Secondo lui, se l’area centrista non riuscirà a pesare almeno quanto serve per incidere sulla prossima elezione del Capo dello Stato, l’Italia rischia di consegnare anche il Quirinale al campo sovranista. La soglia del dieci per cento, in questo senso, diventa un simbolo di sopravvivenza politica, ma anche una chiamata alle armi per un nuovo progetto di equilibrio e di mediazione.
Renzi ha insistito sul fatto che la partita non si vincerà solo nei numeri parlamentari, ma nella capacità di rappresentare una cultura politica che non sia subalterna né alla destra populista né alla sinistra radicale. “Se non ci saremo noi – ha detto dal palco – il Quirinale diventerà il prolungamento del governo Meloni”. È una visione netta, quasi drammatica, con cui il leader di Italia Viva prova a riaccendere l’orgoglio del suo elettorato e a posizionarsi di nuovo come ago della bilancia nella politica nazionale.
Una sfida più ampia del voto
Le parole pronunciate alla Leopolda non sono solo un messaggio per la platea interna. Renzi parla al sistema politico, sapendo che il prossimo biennio sarà dominato dal tema della successione al Colle e dai nuovi equilibri di potere. Dietro la formula del “dieci per cento” c’è una strategia più ampia: ricostruire un’area riformista autonoma, in grado di determinare la scelta del futuro Presidente della Repubblica e impedire che la maggioranza di governo concentri su di sé anche il potere simbolico e morale delle istituzioni.
Con questa mossa, Renzi non lancia solo un avvertimento a Giorgia Meloni, ma rilancia se stesso come protagonista del gioco lungo della politica italiana.