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Saverio Tommasi: “Percosse, insulti e umiliazioni. Così siamo stati trattati”

Pubblicato: 05/10/2025 09:47

Dopo giorni di silenzio, Saverio Tommasi rompe il silenzio e racconta la sua detenzione in Israele. Il giornalista di Fanpage.it, tra i membri italiani della Global Sumud Flotilla, è stato fermato dalla Marina israeliana dopo l’abbordaggio della nave Karma e trattenuto in un centro di detenzione nel sud del Paese. Ora si trova a Istanbul, insieme ad altri 25 connazionali, e nelle prossime ore farà ritorno in Italia.

Ci hanno obbligati a seguire la direzione del porto di Ashdod – ricorda Tommasi –. Poi i militari israeliani sono saliti a bordo: erano almeno venti, armati, con il volto coperto. Hanno preso il controllo della nave mentre noi eravamo chiusi sottocoperta. Ci avevano tolto i cellulari e tutta l’attrezzatura”.

Ma la parte più dura, racconta il giornalista, è iniziata una volta giunti al porto: “L’accoglienza è stata terrificante, una violazione completa dei diritti umani. Ci hanno costretti a stare piegati, con la testa bassa, in un piazzale circondato da container. Chi provava ad alzare lo sguardo veniva colpito sulla testa. Nessuno poteva andare in bagno. Ci spostavano di cinquanta metri solo per farci sedere altrove, sempre con lo sguardo verso il basso”.

Tommasi parla di “botte sulla schiena e sulla testa”, di un “clima di umiliazione costante”, e racconta episodi di violenza gratuita contro i compagni di viaggio: “Un uomo si è slogato un polso, un altro, un italiano di 72 anni con una gamba artificiale, è stato costretto a rimanere piegato per ore. Ci chiamavano con soprannomi offensivi e ridevano di noi. Se qualcuno toccava i propri oggetti, glieli strappavano e li lanciavano via”.

Al momento dell’identificazione, il giornalista denuncia un ulteriore episodio: “Mi hanno strappato con forza le fedi dal dito. Solo dopo una scenata con il consolato le ho ritrovate nello zaino. Rubare l’oro alle persone è un gesto che richiama pagine oscure della storia. È inaccettabile”.

Nella fase detentiva, spiega ancora Tommasi, “non ci hanno picchiati, ma ci trattavano come in un regime non democratico. C’erano cani lupo che abbaiavano vicino a noi, e gli agenti urlavano continuamente. Dormivamo per terra, in 15 per cella, o due per letto. Il cibo era scarso e l’acqua da bere aveva un sapore rancido”.

Il giornalista non ha potuto parlare con l’avvocato di riferimento in Israele: “Non gli hanno permesso di entrare, ci hanno fatto parlare con un’altra legale, che poi abbiamo scoperto essere dell’organizzazione della Flotilla”.

Domani Tommasi sarà a Roma, ospite del Rumore Festival, dove racconterà pubblicamente quanto accaduto. “Non è accettabile che in una democrazia vengano praticati questi metodi”, conclude.

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