
In un momento di forte attenzione mediatica e diplomatica, con la Flotilla diretta a Gaza che rappresenta un gesto simbolico di pace e solidarietà verso il popolo palestinese sotto assedio, il governo israeliano ha reso pubblico un documento in arabo che, secondo Tel Aviv, dimostrerebbe il coinvolgimento diretto di Hamas nell’organizzazione della missione umanitaria. La pubblicazione avviene a poche ore dall’atteso arrivo delle imbarcazioni a largo della Striscia di Gaza e alimenta nuove tensioni politiche e mediatiche.
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Il documento diffuso da Israele, due pagine in lingua araba, viene presentato come una “prova” inequivocabile del fatto che Hamas finanzia e controlla la spedizione delle navi, smascherando – secondo l’interpretazione del governo Netanyahu – un presunto intento bellico celato dietro la facciata umanitaria della Flotilla.
Tuttavia, un’analisi condotta da fonti indipendenti, tra cui Misbar, Al Jazeera Arabic e successivamente anche da Il Fatto Quotidiano, solleva dubbi pesanti sull’autenticità e l’attualità del testo. Secondo i fact-checker, il contenuto del documento israeliano sarebbe identico a un testo già pubblicato nel 2021, con nessun riferimento a navi, fondi o operazioni via mare.

Il documento sotto accusa: “È lo stesso del 2021”
La presunta “prova” israeliana è stata passata al vaglio riga per riga. L’esito dell’analisi è netto: il documento diffuso nel 2025 corrisponde parola per parola a un testo diffuso all’inizio del 2021. Nessuna modifica sostanziale al contenuto, nessuna aggiunta. L’unico cambiamento rilevato riguarda la grafica: nella nuova versione sono stati aggiunti un timbro bilingue con la dicitura “Islamic Resistance Movement – Hamas – Palestine” e un codice archivistico (“Restricted AVI65362“).
Rimane tuttavia invariata la firma di Ismail Haniyeh, capo del braccio politico di Hamas, e identica è anche la data riportata sul documento. In sostanza, secondo le verifiche, il testo sarebbe stato riciclato e presentato come attuale, sollevando interrogativi non solo sull’operazione mediatica, ma anche sulla sua credibilità a livello diplomatico.
Israele accusa, ma Tajani invita alla prudenza
L’impatto politico dell’annuncio non si è fatto attendere. In Italia, la diffusione del documento ha acceso un forte scontro tra le forze parlamentari. La destra ha subito cavalcato la notizia, accusando la Flotilla di essere “finanziata da Hamas” e denunciando un tentativo ben orchestrato di “fingere umanitarismo per mascherare una rete terroristica”.
Di parere opposto la sinistra, che definisce le accuse “strumentali” e prive di basi. I parlamentari progressisti chiedono maggiore trasparenza nelle verifiche e invitano a non criminalizzare una missione che, a loro dire, ha come unico obiettivo quello di portare aiuti umanitari in una delle zone più martoriate del Medio Oriente.
In questo contesto infiammato è intervenuto anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha scelto una linea più cauta. «Ogni accusa di terrorismo deve basarsi su prove verificabili, non su suggestioni mediatiche», ha dichiarato il titolare della Farnesina, sottolineando l’importanza della verifica indipendente delle fonti prima di trarre conclusioni politiche o diplomatiche.

Flotilla e propaganda: guerra d’informazione
La vicenda si inserisce in un contesto di propaganda incrociata e guerra d’informazione, dove ogni mossa, anche simbolica, viene letta con sospetto e sottoposta a interpretazioni divergenti. La Flotilla, che si propone di portare un messaggio di pace e solidarietà al popolo palestinese, si trasforma così in terreno di scontro tra narrative opposte.
Israele accusa: dietro le vele bianche si nasconderebbero interessi militanti. I promotori della missione negano: l’unico carico a bordo è fatto di aiuti sanitari e generi alimentari, oltre a attivisti per la pace provenienti da vari paesi.
Il sospetto che Israele abbia riutilizzato un documento datato per sostenere la propria tesi getta nuove ombre su una strategia comunicativa sempre più aggressiva, in cui anche la manipolazione dei testi può diventare un’arma politica.
Una questione che va oltre le acque di Gaza
Il caso del documento “riciclato” apre una riflessione più ampia su come vengano costruite e veicolate le narrazioni ufficiali in un conflitto che da decenni vede disinformazione, propaganda e diplomazia intrecciarsi. Che si tratti di una mossa tattica o di un errore di valutazione, la scelta di pubblicare un testo già noto come “nuova prova” solleva interrogativi sull’attendibilità delle fonti ufficiali in uno dei contesti geopolitici più delicati al mondo.
Nel frattempo, la Flotilla continua la sua rotta, mentre il dibattito internazionale – alimentato da documenti controversi e accuse reciproche – si fa sempre più acceso. La vera posta in gioco, ancora una volta, sembra essere non solo il controllo del territorio, ma quello del racconto.