Vai al contenuto

“Falso!”. Travaglio scatenato contro Benigni, accuse molto pesanti

Pubblicato: 06/10/2025 12:47
Travaglio Benigni vita bella

Un intervento destinato a far discutere, quello di Marco Travaglio, che interviene pubblicamente per contestare una narrazione storica che considera parziale e, secondo lui, “politicamente orientata”. Il direttore del Fatto Quotidiano, noto per le sue posizioni spesso scomode e fuori dal coro, ha criticato direttamente Roberto Benigni, prendendo spunto dal celebre film La vita è bella, per rilanciare una riflessione più ampia sul modo in cui – secondo lui – l’Occidente starebbe riscrivendo la storia del Novecento.

L’occasione è stata una recente dichiarazione pubblica in cui Travaglio ha puntato il dito contro la celebrazione dello sbarco in Normandia, definendola “incompleta” per aver escluso il contributo decisivo della Russia sovietica nella sconfitta del nazifascismo. Un’analisi che non si limita al passato, ma che tocca anche temi di grande attualità, legati ai rapporti tra Europa, Stati Uniti e Russia, e alla memoria storica come terreno di scontro ideologico.

La critica a Roberto Benigni e alla “narrazione hollywoodiana”

“La dico per chi avesse visto La vita è bella”, esordisce Travaglio, riferendosi al film del 1997 che ha fatto conoscere nel mondo il genio creativo di Roberto Benigni, vincitore di tre Premi Oscar. “I campi di concentramento nazisti non li hanno liberati gli americani, li hanno liberati i russi”, precisa il giornalista, sottolineando come nel film – così come nella narrazione mediatica dominante – si attribuisca il merito della liberazione dei lager alla sola azione militare statunitense.

Per Travaglio, si tratta di un errore storico che, seppur funzionale alla drammaturgia cinematografica, contribuisce a creare una visione distorta del passato, in cui il ruolo dell’Armata Rossa viene sistematicamente messo in secondo piano. “I russi hanno avuto 28 milioni di morti per liberarci dal nazismo – aggiunge – altrimenti staremo ancora a fare il passo dell’oca”.

Il “grande assente” della celebrazione in Normandia

A riaccendere la polemica è stata anche la recente commemorazione internazionale del D-Day, lo sbarco in Normandia del 6 giugno 1944, a cui hanno partecipato rappresentanti di tutti i principali Paesi dell’alleanza contro Hitler – ad eccezione, nota Travaglio, della Russia. “Si sono dimenticati un piccolo dettaglio – osserva con sarcasmo – proprio la Russia, che è quella che ha pagato il più alto tributo di sangue e che ha dato vita al più grande impegno militare contro i nazisti”.

Un’assenza che il direttore del Fatto legge come sintomo di un tentativo geopolitico più ampio, quello di “riscrivere la storia” per adattarla alle tensioni contemporanee, in particolare al deterioramento delle relazioni tra Europa e Mosca a seguito della guerra in Ucraina. “C’è anche il tentativo di riscrivere la storia”, conclude Travaglio, sottolineando l’urgenza – a suo avviso – di non dimenticare le radici complesse della liberazione europea dal giogo totalitario.

Tra memoria, ideologia e presente politico

Le parole di Travaglio si inseriscono in un contesto di profonda polarizzazione culturale e politica. Se da un lato c’è chi rivendica il diritto di ricordare il sacrificio delle forze angloamericane, dall’altro non manca chi – come lo stesso Travaglio – denuncia un eccesso di occidentalismo nella lettura storica condivisa dai media mainstream e da gran parte delle istituzioni.

Secondo il giornalista, il problema non riguarda solo i libri di storia, ma anche l’immaginario collettivo, alimentato da film, serie TV, documentari e commemorazioni ufficiali che tenderebbero a privilegiare la narrazione “americana” della Seconda guerra mondiale, oscurando il contributo militare e umano dell’Unione Sovietica. Un tema su cui, da anni, lo stesso Vladimir Putin ha costruito parte della propria retorica interna e internazionale.

grazia graziadei travaglio

La reazione del pubblico e il dibattito che divide

Come prevedibile, l’intervento di Travaglio ha generato forti reazioni, sia sui social che nel mondo dell’informazione. C’è chi ne ha apprezzato il richiamo alla precisione storica e al pluralismo della memoria, e chi invece lo ha accusato di voler strumentalizzare il passato per giustificare posizioni ambigue sul presente, soprattutto in relazione al conflitto in Ucraina e al ruolo della Russia.

Anche il riferimento a Benigni, pur fatto in tono relativamente misurato, ha sollevato discussioni. Alcuni utenti hanno difeso il regista toscano, ricordando che La vita è bella è un’opera narrativa e simbolica, non un documentario storico. Altri, invece, hanno rilanciato la riflessione di Travaglio come un utile spunto per rivedere alcune semplificazioni storiche che rischiano, oggi, di trasformarsi in strumenti di propaganda.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure