
Roberta Bruzzone e il presunto stalker: un caso giudiziario ancora aperto
Una vicenda dai contorni oscuri e controversi coinvolge la nota criminologa Roberta Bruzzone, finita al centro di un processo per stalking. Questa volta, però, non come analista o commentatrice di casi di cronaca, ma come parte offesa. L’accusato è Mirko Avesani, un neurologo veronese di 51 anni, che si dichiara innocente e sostiene di essere lui la vera vittima.
La Bruzzone, volto televisivo noto per la sua partecipazione a trasmissioni su casi giudiziari italiani, è parte civile nel procedimento in corso. Avesani, secondo l’accusa, avrebbe attuato una serie di comportamenti persecutori, culminati con minacce e insulti sui social. La situazione è degenerata al punto che la criminologa ha deciso di rivolgersi alla giustizia per tutelare sé stessa e la sua famiglia.
Il medico veronese, tuttavia, respinge ogni accusa. Come riportato dal Corriere della Sera, Avesani sostiene che tre account anonimi abbiano cominciato a pubblicare commenti sul suo profilo social, alcuni contro di lui, altri contro la Bruzzone. “Io non c’entro nulla, anzi li ho denunciati”, ha dichiarato l’uomo, che nel 2021 era già stato condannato per diffamazione nei confronti della stessa Bruzzone.

Durante un precedente processo a Verona, Avesani aveva inviato un esposto via PEC a 18 destinatari, tra cui due pubblici ministeri, un giudice, il presidente del tribunale e la Rai. Nella documentazione, definiva Roberta Bruzzone come una “ignorante nel suo settore” e sosteneva di essere stato “massacrato con il suo metodo da bulla”. L’accusa parla anche di gravi minacce social, come quella di “gonfiare di botte” il marito della criminologa e un’altra, firmata con l’account “Marco Marche”, in cui si leggeva: “La tigre andrà a fuoco”.
Secondo la legale di Bruzzone, Serena Gasperini, la sua assistita vive una situazione di profondo timore: “La dottoressa ha paura di Avesani, anche perché è un medico che lavora in strutture pubbliche. Teme un possibile attacco con l’acido. In aula a Verona ha urlato mentre la mia assistita parlava. I suoi comportamenti sono andati avanti per anni e si sono interrotti solo con il rinvio a giudizio”.
La prospettiva della vittima, dunque, è quella di un’escalation di molestie e intimidazioni, non solo online ma anche durante le udienze. Un quadro che preoccupa non solo per la notorietà della Bruzzone, ma anche per il fatto che il presunto autore delle condotte persecutorie sia un professionista sanitario con un incarico pubblico.
Dall’altra parte, la difesa di Avesani, affidata all’avvocato Stefano Perusi, offre una lettura radicalmente diversa dei fatti. “Non si tratta di stalking, ma di una controversia mediatica. Non ci sono state aggressioni fisiche, verbali o pedinamenti. I toni sono stati accesi, ma il tribunale valuterà se le frasi dette possano configurare diffamazione, non persecuzione”.
Il nodo principale, quindi, è se i comportamenti di Avesani siano assimilabili a semplici eccessi comunicativi o a veri e propri atti persecutori. Un passaggio sottile, ma fondamentale per la definizione giuridica di stalking, reato che richiede un pattern continuativo e ripetuto di condotte intimidatorie.
Il processo è ancora in corso e la decisione finale spetterà al giudice, che dovrà stabilire se si sia trattato di un conflitto mediatico esasperato o se vi siano gli estremi per una condanna. Nel frattempo, il caso continua ad attirare attenzione mediatica, anche per il coinvolgimento di una figura pubblica molto esposta come Roberta Bruzzone.