
Non sempre il calcio è solo sport. A volte diventa specchio del mondo, riflesso delle sue tensioni, delle sue contraddizioni e delle sue ferite più profonde. Accade quando il pallone rotola su un campo che non è solo erba, ma terreno minato da significati politici e sociali. In queste situazioni, ogni passaggio, ogni inno, ogni bandiera si carica di un peso che va ben oltre i novanta minuti.
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Ed è proprio questo il clima che si respira a pochi giorni dalla sfida tra Italia e Israele, valida per le qualificazioni ai Mondiali del 2026, in programma il 14 ottobre. Un appuntamento che, a differenza del passato, ha perso quasi completamente la sua dimensione sportiva per diventare una vera e propria questione di ordine pubblico e di tensione politica internazionale.
Udine blindata per la sfida Italia-Israele
La sede designata, Udine, è già sorvegliata speciale. Manca circa una settimana al fischio d’inizio, ma la città friulana è da giorni al centro di un dispositivo di sicurezza imponente, messo in atto per prevenire il rischio di proteste pro-Palestina e disordini. Un match che, secondo diversi osservatori, è ormai considerato una sorta di test nazionale per la gestione dell’ordine pubblico.
La scelta di disputare l’incontro al Bluenergy Stadium, in una località periferica e logisticamente più semplice da controllare rispetto a una grande metropoli, non è casuale. Lo ha confermato indirettamente anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha avviato un coordinamento diretto con le autorità israeliane per garantire una sicurezza “discreta ma efficace”.

Biglietti invenduti e rischio spalti vuoti
A certificare quanto il clima attorno alla partita sia teso, bastano i numeri: su una capienza di circa 20mila posti, sono stati venduti appena 4mila biglietti. Un dato che riflette sia la scarsa partecipazione del pubblico, disincentivato da motivazioni politiche e timori legati alla sicurezza, sia una forma di boicottaggio silenzioso nei confronti della nazionale israeliana, accusata da molti manifestanti di rappresentare simbolicamente le azioni del governo di Tel Aviv a Gaza.
La Figc ha provato a tamponare il disinteresse, coinvolgendo scuole e associazioni locali nel tentativo di riempire almeno parzialmente le tribune, ma il rischio concreto è quello di assistere a una partita giocata in un clima spettrale, privo della tipica atmosfera sportiva e segnato da tensione diffusa.
Misure eccezionali di sicurezza
Il piano di sicurezza predisposto dalle forze dell’ordine è articolato su due fronti principali: da un lato, la gestione delle manifestazioni annunciate nei pressi delle piazze cittadine, dove è previsto l’arrivo di numerosi gruppi pro-Palestina; dall’altro, la protezione della nazionale israeliana, già allertata su possibili rischi legati agli spostamenti e al soggiorno.
Secondo le fonti, la squadra sarà scortata da agenti del Mossad, con arrivo blindato all’aeroporto di Ronchi dei Legionari, trasferimento in una struttura segreta e vigilanza 24 ore su 24 fino alla ripartenza. Tutto questo, mentre Udine si prepara a vivere una giornata senza precedenti sul piano della sicurezza.
La politica si spacca, Fifa ignora le richieste di rinvio
La proposta del sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, di rinviare l’incontro per motivi legati all’ordine pubblico non è stata nemmeno presa in considerazione dalla Fifa, che continua a ribadire la necessità di separare sport e politica. Anche il ministro dello Sport Andrea Abodi ha confermato che non sono previsti slittamenti, precisando che “le decisioni spettano a Fifa e Uefa, non al Viminale”.
Ma la politica italiana si mostra tutt’altro che compatta: mentre alcuni esponenti di governo si dicono fiduciosi nella diplomazia e nel lavoro delle forze dell’ordine, dall’altra parte cresce il fronte di chi ritiene che ospitare una partita simile in un contesto tanto incandescente sia una scelta sbagliata.

La pressione internazionale e l’ombra del boicottaggio sportivo
Nel frattempo, le richieste per escludere Israele dalle competizioni internazionali continuano ad arrivare da più parti. La lettera firmata da Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu, e da altri sette esperti, indirizzata a Fifa e Uefa, chiede apertamente una sospensione immediata della nazionale israeliana e dei suoi club, in analogia con quanto avvenuto con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022.
Secondo i firmatari, il calcio non può essere “strumento di normalizzazione delle ingiustizie” e dovrebbe rispondere a “un genocidio in corso nei territori occupati”. Tuttavia, i vertici sportivi internazionali, almeno per ora, si sono detti contrari a misure drastiche, evitando ogni presa di posizione pubblica.
Un appuntamento dal sapore amaro
Italia-Israele si giocherà regolarmente, salvo improvvisi colpi di scena, ma sarà una partita priva del consueto entusiasmo calcistico. Un evento segnato da tensioni geopolitiche, barriere di sicurezza, presidi militari, e da una città trasformata in zona rossa.
Sul campo, gli Azzurri di Gattuso proveranno a ottenere tre punti fondamentali per la corsa al Mondiale del 2026, ma fuori dagli spalti si consumerà una protesta politica che non intende fermarsi ai cancelli dello stadio. Come ha dichiarato il ministro Abodi: “Non si può parlare di pace utilizzando la violenza. La vera sfida, oggi, è diplomatica”.