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Nuova Flotilla a 24 ore dalla zona rossa: a bordo ci sono anche italiani

Pubblicato: 07/10/2025 19:41

La nave , un’imbarcazione italiana salpata dal porto di Otranto solo una settimana fa, è al centro delle preoccupazioni internazionali. La nave si sta dirigendo verso la Striscia di Gaza per unirsi a una nuova Flotilla più ampia, composta complessivamente da circa dieci imbarcazioni. Si prevede che la possa raggiungere la “zona rossa” del Mediterraneo, un’area ad alto rischio di intercettazione, entro la giornata di mercoledì. Questo potenziale arrivo ha sollevato l’allerta per una possibile azione da parte delle forze di sicurezza israeliane.

A bordo della si trova un gruppo di attivisti italiani, tra cui il chirurgo Riccardo Corradini, che ha fornito informazioni sullo stato della missione e sulla sua potenziale tempistica. Insieme a Corradini, la nave ospita altri cinque connazionali, tutti impegnati a fornire assistenza e a richiamare l’attenzione sulla situazione a Gaza. La loro presenza sottolinea l’ampio coinvolgimento della società civile italiana in queste iniziative umanitarie.

Composizione della flottiglia e il mandato umanitario

La nuova flottiglia umanitaria, di cui la fa parte, non è composta solo da italiani ma rappresenta uno sforzo multinazionale significativo. Le dieci imbarcazioni trasportano complessivamente circa 250 persone, una coalizione eterogenea di professionisti e attivisti provenienti da diverse parti del mondo. Tra questi si annoverano medici, infermieri e giornalisti, figure che mirano non solo a portare aiuti essenziali, ma anche a documentare la missione e le condizioni a Gaza. La presenza di personale sanitario è particolarmente cruciale, evidenziando il focus sulla necessità di assistenza medica nella regione. Questo sforzo congiunto evidenzia la preoccupazione globale per la popolazione di Gaza e la determinazione degli attivisti a sfidare il blocco imposto alla Striscia.

L’espulsione degli attivisti della Global Sumud

Nel frattempo, l’attenzione si sposta anche sugli attivisti coinvolti in una precedente missione. L’agenzia di stampa statale giordana ha confermato l’espulsione di 131 attivisti appartenenti a una flottiglia precedente, intercettata da Israele. Questi attivisti sono stati trasferiti dalla detenzione israeliana in Giordania attraverso il ponte di Allenby, un importante valico di frontiera.

Il Ministero degli Esteri giordano ha fornito un elenco impressionante dei paesi di provenienza degli attivisti espulsi, a testimonianza della vasta portata internazionale della partecipazione. I paesi includono nazioni del Medio Oriente e del Nord Africa come Bahrein, Tunisia, Algeria, Oman, Kuwait e Libia, insieme a paesi europei, asiatici e delle Americhe, come Turchia, Argentina, Australia, Brasile, Colombia, Repubblica Ceca, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Serbia, Sudafrica, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti e Uruguay. Questa lista evidenzia come le flottiglie umanitarie siano un punto focale per l’attivismo e la solidarietà a livello mondiale.

Il caso dei cittadini brasiliani e gli sforzi diplomatici

Un focus specifico è stato posto sul destino dei 13 attivisti brasiliani intercettati dalle forze di sicurezza israeliane mentre partecipavano alla flottiglia Global Sumud. Questa missione mirava anch’essa a portare aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. L’episodio è significativo perché tra i detenuti c’era la deputata federale Luizianne Lins del Partito dei lavoratori (), la cui presenza ha elevato il livello dell’incidente a una questione politica e diplomatica.

Il governo di Israele ha proceduto alla deportazione dei cittadini brasiliani in Giordania. Questi attivisti erano stati inizialmente detenuti nel centro penitenziario di Ketziot, situato nel deserto del Negev. Il trasferimento in Giordania, organizzato con un veicolo fornito dall’Ambasciata brasiliana in Giordania, è avvenuto al culmine di negoziati intensi e delicati condotti dall’Ambasciata brasiliana a Tel Aviv. L’intervento diplomatico ha permesso una risoluzione del loro stato di detenzione.

Attualmente, i 13 brasiliani si trovano in un hotel ad Amman, la capitale giordana, in attesa di organizzare il loro rientro in Brasile. Questo dettaglio evidenzia la prassi comune di espulsione di attivisti stranieri in paesi terzi, spesso con il sostegno delle rispettive rappresentanze diplomatiche. La risoluzione di questo caso particolare sottolinea l’importanza della cooperazione diplomatica per la gestione delle conseguenze delle intercettazioni in acque internazionali.

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