
“È morto, dove lo butto?” — una frase agghiacciante, quella che secondo un testimone sarebbe stata pronunciata da Antonello Lovato, l’imprenditore agricolo imputato per la morte del bracciante indiano Satnam Singh, vittima di un terribile incidente sul lavoro nel giugno del 2024.
Il datore di lavoro, invece di chiamare i soccorsi, avrebbe abbandonato il giovane davanti a casa, privo di un arto e in fin di vita. Oggi è accusato di omicidio volontario con dolo eventuale, e il processo in corso al tribunale di Latina sta facendo emergere nuovi dettagli inquietanti.
“Aveva paura, l’ho percepito dal suo tono di voce”
A raccontare la presunta frase choc è stato un altro bracciante agricolo, ascoltato in aula come testimone. L’uomo ha spiegato di non conoscere Satnam Singh, ma di essere stato contattato da un suo connazionale quel giorno per aiutare nella traduzione e chiedere aiuto.
«Mi disse che era successo un incidente – ha raccontato in tribunale –. Io gli dissi di stare calmo e di chiamare un’ambulanza. Ma lui continuava a dire che Satnam si era incastrato in una macchina ed era morto». Il testimone ha spiegato di aver poi parlato direttamente con Lovato: «Gli dissi di chiamare un’ambulanza perché Satnam non poteva essere già morto, ma lui mi rispose: “È morto, aiutami, dove lo butto?”». L’uomo ha aggiunto che il datore di lavoro sembrava terrorizzato: «Aveva paura, l’ho percepito dal suo tono di voce».
Il medico legale: “Un comportamento alternativo avrebbe potuto salvarlo”
Prima del testimone, in aula è stata ascoltata anche la dottoressa Maria Cristina Setacci, medico legale che ha eseguito l’autopsia sul corpo del bracciante. «Un comportamento alternativo avrebbe potuto salvarlo», ha spiegato la specialista davanti alla Corte d’Assise, sottolineando come Satnam Singh sia morto per uno shock emorragico causato dall’amputazione del braccio.
Secondo la perizia, un intervento tempestivo o anche solo un laccio emostatico improvvisato avrebbero potuto fermare la perdita di sangue e consentire ai sanitari di salvarlo.
«Con un trasporto immediato in ospedale i medici avrebbero potuto bloccare l’emorragia e re-infondere sangue», ha aggiunto la dottoressa.
Il processo, che sta scuotendo profondamente l’opinione pubblica per la brutalità dei fatti e il presunto disprezzo per la vita del lavoratore, riprenderà il prossimo 2 dicembre, quando saranno ascoltati altri testimoni. Intanto, il nome di Satnam Singh è già diventato simbolo delle tante vittime di sfruttamento e insicurezza nei campi italiani.