
Un intreccio doloroso, oscuro e carico di interrogativi si delinea nel processo a carico di Chiara Petrolini, la giovane di 22 anni accusata del duplice omicidio premeditato dei suoi figli neonati. La vicenda, che ha scosso profondamente l’opinione pubblica, si arricchisce ora di nuove e inquietanti sfumature, emerse nel corso dei colloqui tra l’imputata e gli psichiatri nominati dalla Procura di Parma, Mario Amore e Domenico Berardi.
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Dalle loro osservazioni e dalle prime ricostruzioni contenute nella relazione tecnica del Reparto analisi criminologiche del Racis, presentata nel corso dell’udienza più recente, emerge un profilo disturbante: quello di una ragazza apparentemente tranquilla, ma con un freddo controllo emotivo e un comportamento definito dagli esperti come potenzialmente seriale.
Gravidanze vissute nel silenzio e un gesto che si ripete
Entrambe le gravidanze sono state vissute nel completo isolamento. La prima, a detta della ragazza, fu frutto del caso; la seconda, invece, fu volutamente cercata, come lei stessa ha riferito, per dare un senso e un riscatto a ciò che era accaduto in precedenza. Tuttavia, anche in questo secondo episodio, si è ripetuto lo stesso drammatico epilogo: parto in solitudine, nessuna assistenza, nessuna richiesta d’aiuto.

Secondo quanto riportato nei colloqui con gli psichiatri, Chiara ha affermato che, nel secondo parto, pensava fosse “andato tutto bene”, fino a quando non ha ripreso i sensi e si è resa conto che il neonato non respirava più. Ha attribuito la morte del bambino al taglio del cordone ombelicale, sostenendo di non avere alcuna competenza e di non aver chiesto aiuto perché “non era informata”. Il neonato è stato poi sepolto in giardino, vicino al punto in cui un anno prima aveva già nascosto il corpo del primogenito.
“Non pensavo di aver fatto qualcosa di male”
Una delle frasi che più ha colpito i consulenti della Procura riguarda la percezione che Chiara ha dei propri gesti. Quando uno degli specialisti le ha chiesto se avesse volutamente lasciato i corpi in tombe poco profonde per essere scoperta, lei ha negato: “Non pensavo di aver fatto niente di male, di sbagliato”. Una risposta che ha aperto interrogativi profondi sulla consapevolezza morale dell’imputata.
Nonostante le dichiarazioni che potrebbero apparire come tentativi di apparente ingenuità, gli esperti del Racis non hanno dubbi nel delineare una personalità capace di agire con lucidità e determinazione. Secondo la loro analisi, Chiara Petrolini avrebbe avuto una chiara intenzione di arrivare al tragico esito e non avrebbe mostrato alcun reale impulso di autodenuncia o pentimento.
Una visione del mondo segnata dal dolore e dalla diffidenza
Nel corso dei colloqui, è emerso anche un quadro emotivo fortemente segnato da diffidenza e paura. Chiara avrebbe raccontato di voler portare avanti le gravidanze senza dirlo a nessuno, per evitare che il mondo esterno — da lei percepito come “cattivo e pericoloso” — potesse interferire con il legame col figlio. Una delle sue paure, raccontata agli specialisti, era che il bambino potesse un giorno sentirsi giudicato per via della sua origine: “Le persone avrebbero potuto dirgli frasi del tipo ‘tua mamma era così’”.
La giovane ha anche riferito di fare un sogno ricorrente, in cui si vede mentre spinge un passeggino con due bambini. Un’immagine simbolica, forse una proiezione del desiderio mai realizzato di essere madre in senso pieno, lontano dal dramma che ha invece caratterizzato la sua realtà.

Per gli esperti non ci sono dubbi: era capace di intendere e volere
Le valutazioni raccolte finora convergono in una direzione precisa: Chiara Petrolini sarebbe pienamente capace di intendere e di volere al momento dei fatti. Una conclusione condivisa sia dagli esperti della Procura sia dal Racis di Roma, che ha sottolineato la freddezza e l’organizzazione dei suoi gesti.
Ma il percorso giudiziario non è ancora chiuso. Il processo è entrato nella fase cruciale dell’accertamento psichiatrico, disposto dalla Corte d’Assise di Parma, che dovrà ora essere approfondito. La nuova perizia, affidata a perite indipendenti, sarà determinante per definire il quadro finale. La loro testimonianza è attesa per il 2 febbraio 2026, data che potrebbe segnare una svolta per gli equilibri dell’intero procedimento.
Ipotesi inquietanti: la possibilità di altri delitti
Il dato forse più allarmante emerso nel lavoro del Racis riguarda la serialità del comportamento. Gli esperti hanno ipotizzato che, se non fosse stata fermata, Chiara Petrolini avrebbe potuto compiere altri delitti analoghi in futuro, oppure potrebbe averne già commessi in passato e mai scoperti. Una considerazione che getta un’ombra ancora più inquietante sull’intera vicenda, sollevando dubbi sull’effettiva portata della tragedia.
In attesa della perizia decisiva, la giustizia cerca ora di rispondere all’unica domanda che conta: Chiara era cosciente di ciò che faceva? E se sì, quali erano le sue reali intenzioni? Le prossime udienze saranno decisive per rispondere a questi interrogativi e per tentare di fare luce su una storia che, comunque vada, lascia ferite profonde nella coscienza collettiva.