
Il Mediterraneo, da sempre crocevia di popoli e conflitti, torna a essere teatro di tensioni. Questa volta il centro dell’attenzione è la Flotilla umanitaria diretta verso la Striscia di Gaza, dove la marina israeliana ha effettuato nuovi arresti su alcune imbarcazioni arrivate successivamente al primo gruppo di navi. Il caso è stato discusso durante l’ultima puntata di È Sempre Carta Bianca, il programma di approfondimento condotto da Bianca Berlinguer su Rete 4, che ha dedicato ampio spazio alla vicenda, collegandosi in diretta con uno dei volontari italiani presenti a bordo.
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In un clima carico di tensione, tra immagini in tempo reale e testimonianze dirette, la trasmissione ha dato voce a chi si trova in prima linea su uno dei fronti più caldi dello scenario internazionale. Una scelta editoriale che ha acceso il dibattito e fatto emergere nuove polemiche politiche e umanitarie.
L’allerta in mare e la testimonianza in diretta
In collegamento dalla nave Conscience, una delle imbarcazioni della Flotilla, è intervenuto Vincenzo Fullone, uno dei volontari italiani impegnati nella missione. Le sue parole, arrivate con una connessione incerta ma cariche di urgenza, hanno immediatamente attirato l’attenzione dei telespettatori: «Abbiamo rilevato una barca che si dirige a forte velocità verso di noi con i radar spenti. Pensiamo che ci stiano venendo a prendere».
Secondo Fullone, la nave su cui si trova si trova a circa 150 miglia nautiche dalla costa di Gaza, ed è accompagnata da otto barche a vela battenti bandiera francese, mentre la Conscience batte bandiera di Timor Est. La preoccupazione per un possibile abbordaggio da parte della marina israeliana è evidente, e il volontario non nasconde un certo timore per ciò che potrebbe accadere nelle ore successive.
Vincenzo Fullone, dalla nave Conscience diretta a Gaza: "Stiamo facendo quello che dovrebbero fare i governi… un po’ mi vergogno di essere italiano"#ÈsempreCartabianca pic.twitter.com/tS6zwjh2uv
— È sempre Cartabianca (@CartabiancaR4) October 7, 2025
Il duro attacco contro le istituzioni italiane
Ma è durante il proseguimento del collegamento che le dichiarazioni di Fullone prendono una piega ancora più forte e politica. In risposta a un commento della conduttrice sull’anniversario del 7 ottobre, data simbolo degli attacchi di Hamas contro Israele, il volontario ha replicato con tono deciso: «Voglio soltanto ricordare che non è iniziato niente il 7 ottobre, perché sono 77 anni che il popolo palestinese subisce tutto questo, con un silenzio che non si può perdonare».
Una frase che ha spostato il dibattito dal presente al passato, allargando lo sguardo a decenni di conflitto israelo-palestinese. Fullone ha poi spiegato le ragioni della sua presenza sulla nave umanitaria: «Io non mi sarei imbarcato se l’avesse fatto il mio governo. Io mi sto imbarcando perché c’è il silenzio da parte delle istituzioni, e mi vergogno un po’ di essere italiano».
Un’accusa netta, che tocca le responsabilità della politica italiana e il suo presunto immobilismo di fronte alla crisi umanitaria in corso. Il volontario ha anche utilizzato una definizione estremamente forte, parlando di “campo di sterminio” riferendosi alla situazione attuale nella Striscia di Gaza, rievocando così immagini che richiamano i periodi più bui della storia europea del Novecento.

Nuove tensioni tra Israele e le missioni umanitarie
Le azioni della marina israeliana nei confronti della Flotilla continuano a sollevare interrogativi sul diritto internazionale, il rispetto delle missioni umanitarie e la libertà di navigazione in acque internazionali. Secondo i volontari a bordo, le imbarcazioni sono state equipaggiate per portare aiuti e non per provocare scontri. Tuttavia, l’intento dichiarato di raggiungere Gaza, attualmente sotto blocco navale, rappresenta una sfida diretta alla linea difensiva imposta da Tel Aviv.
L’episodio riapre una ferita aperta nel dibattito pubblico internazionale, quella del diritto all’assistenza umanitaria nei territori sotto assedio, e il ruolo delle organizzazioni civili rispetto agli Stati. Il coinvolgimento diretto di cittadini europei, e in particolare italiani, conferisce alla vicenda un impatto mediatico e politico rilevante, anche in patria.
La narrazione e le fratture dell’opinione pubblica
La partecipazione di Bianca Berlinguer a un tema così divisivo, e la scelta di ospitare in diretta un attivista filo-palestinese, ha innescato immediate reazioni contrastanti, specchio di un Paese spaccato su come interpretare il conflitto in Medio Oriente. Le parole di Fullone, cariche di accusa e dolore, trovano risonanza in una parte dell’opinione pubblica, mentre per altri risultano divisive o eccessivamente politicizzate.
In ogni caso, quanto avvenuto in trasmissione dimostra ancora una volta che la questione israelo-palestinese non è solo un conflitto armato, ma anche e soprattutto un terreno di scontro mediatico, culturale e morale. Una battaglia che si combatte anche nei salotti televisivi, nei talk show e tra i telespettatori.
Un fronte che resta caldo
Mentre le navi della Flotilla continuano a navigare verso la costa, sotto l’occhio vigile della marina israeliana, resta alto il rischio di nuovi interventi armati o sequestri. L’appello di chi si trova a bordo è quello di non spegnere i riflettori, di continuare a raccontare ciò che accade al largo di Gaza, lontano dai palazzi del potere, ma al centro delle coscienze di chi ancora crede nella possibilità di un’azione umanitaria indipendente.
Il futuro della Flotilla della pace resta incerto. Ma l’eco delle parole pronunciate da Fullone in diretta nazionale resta forte: «Ci stiamo muovendo perché altri non l’hanno fatto. E, per questo, noi non possiamo più tacere».