
Durante l’ultima puntata di DiMartedì, Corrado Augias ha scatenato un acceso dibattito attorno alle reazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni alle minacce ricevute. In un passaggio netto e provocatorio, lo scrittore e giornalista ha affermato che la premier «non deve andare da Vespa a denunciare, deve andare alla Digos», aggiungendo che «va da Vespa perché uno degli aspetti della sua personalità è il vittimismo».
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Le sue parole hanno riaperto la discussione sul confine tra diritto alla sicurezza e strategia comunicativa in politica. Ecco come è andata, le reazioni che ne sono seguite e le implicazioni che emergono per il panorama istituzionale e mediatico.
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Il contesto dell’intervento
L’episodio è avvenuto durante la trasmissione di approfondimento politico condotta da Giovanni Floris su La7. Augias è intervenuto nel dibattito sulle modalità con cui Meloni ha scelto di rispondere alle minacce. Secondo il giornalista, la scelta di parlare con Bruno Vespa — noto conduttore televisivo — al fine di pubblicizzare la denuncia è inappropriata, e per questo corretto sarebbe rivolgersi direttamente alle autorità competenti, cioè la Digos (Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali), apparato della Polizia impegnato sui rischi legati a sicurezza e ordine pubblico.
Ha quindi commentato che il ricorso al medium televisivo, in quel modo, risponde a una «tattica di comunicazione vittimistica» che, a suo dire, farebbe parte del personaggio pubblico che Meloni si è costruita.
L’intervento di Augias segue un filone non nuovo: in passato lo stesso giornalista aveva già criticato la tendenza – che attribuisce alla premier – di assumere atteggiamenti di vittima per rafforzare la propria narrazione politica.

Le reazioni politiche e mediatiche
L’affermazione di Augias ha suscitato reazioni immediate nel dibattito pubblico. Da un lato ci sono sostenitori di Meloni che difendono la scelta di parlare in televisione, ritenendola parte legittima della relazione con l’opinione pubblica. Dall’altro, critici e osservatori rilanciano la necessità di una risposta istituzionale più sobria, che eviti spettacoli mediatici quando si tratta di minacce personali.
Alcuni commentatori hanno sottolineato che se è vero che l’uso mediatico delle denunce può aumentare visibilità e suscitare empatia, si rischia anche di mescolare la sfera privata con la strategia politica, dando spazio a accuse reciproche di spettacolarizzazione.
Non mancano nei media paragoni con episodi precedenti in cui altri esponenti politici hanno utilizzato i media per dar conto di denunce o intimidazioni, con risultati controversi. Il tema — sempre sensibile — è quello dell’equilibrio tra diritto alla difesa personale e responsabilità istituzionale.
Augias sulle minacce alla Meloni "non deve andare da Vespa a denunciare, deve andare alla Digos…va da Vespa perché uno degli aspetti della sua personalità è il vittimismo"#dimartedì #Augias #DiMartedi#Meloni pic.twitter.com/hhUTwkrDv5
— Sirio 🏀 (@siriomerenda) October 7, 2025
Le implicazioni per la credibilità istituzionale
L’intervento di Augias solleva una questione centrale: quando un leader politico dichiara di aver ricevuto minacce, come deve reagire senza giocare la carta del vittimismo ma restando credibile agli occhi dei cittadini?
- Autorità competenti – Rivolgersi direttamente alle forze dell’ordine (in questo caso la Digos) è la modalità istituzionale, tecnica e formalmente corretta di segnalare rischi alla sicurezza personale. Farlo invece attraverso media generalisti può rischiare di trasformare una denuncia in un evento propagandistico.
- Strategia comunicativa – Ogni messaggio politico contiene una componente simbolica. Se chi subisce una minaccia decide di renderla pubblica non per ragioni strettamente investigative ma per influenzare l’agenda mediatica, può presentarsi come vittima e ottenere solidarietà, ma anche esporre se stesso e le istituzioni al sospetto di strumentalizzazione.
- Rapporto tra politica e media – L’episodio ribadisce come i leader politici, pur in presenza di gravi questioni personali, siano chiamati a gestire la comunicazione con cautela. Il mezzo (in questo caso la televisione) diventa parte del messaggio: parlare in tv dà visibilità, ma può dare adito a interpretazioni ambigue.
- Credibilità e responsabilità – Un capo di governo che denuncia minacce deve mantenere credibilità istituzionale: usare canali ufficiali e garantire trasparenza sulle verifiche avviate, senza lasciare spazio a dubbi sul peso politico del gesto.
Un invito alla riflessione
La scelta compiuta da Meloni — andare da Vespa, come ha affermato Augias — può essere vista da più prospettive: da un lato come un diritto di comunicare direttamente con i cittadini, dall’altro come un azzardo comunicativo che mescola sfera privata, politica e pubblica.
Augias ha provocatoriamente invitato la premier a «non andare da Vespa», ma «alla Digos». Se l’intento è di stimolare una riflessione sulla forma della politica, il suo intervento ha centrato il tema: in un’epoca in cui narrazione, immagine e sicurezza personale si intrecciano, la linea tra rivendicazione legittima e strategia mediatica è sempre più sottile.
La domanda che il pubblico è chiamato a porsi è: quando un leader politico denuncia una minaccia, chi ha il compito di proteggerlo — e come — senza farne un atto di politica spettacolo? Le risposte si giocano spesso non solo nei fatti, ma nelle parole e nei simboli che li accompagnano.