
Doveva essere una giornata dedicata al dialogo e alla solidarietà, ma si è trasformata in un episodio di forte tensione politica. Il Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, è stata contestata durante una visita all’Università di Siena, dove si era recata per incontrare otto studenti palestinesi arrivati recentemente in Italia dalla Striscia di Gaza grazie a una missione umanitaria promossa dal governo.
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La ministra era attesa per un incontro istituzionale volto a sottolineare l’importanza dell’istruzione come ponte tra i popoli, ma ad accoglierla ha trovato anche un gruppo di sedicenti studenti universitari pro-Palestina, che l’hanno insultata pubblicamente, generando una situazione di imbarazzo e forte tensione.
Una missione per l’istruzione, interrotta dagli insulti
La visita del Ministro Bernini si inserisce all’interno di un progetto più ampio di accoglienza e supporto umanitario, nato dalla collaborazione con il Vicepremier e Ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha reso possibile il trasferimento in Italia di alcuni giovani palestinesi provenienti da Gaza, area martoriata da mesi di conflitto. L’obiettivo è offrire loro la possibilità di continuare gli studi in un ambiente sicuro, lontano dalla guerra.
Durante l’incontro con i rappresentanti accademici e gli studenti accolti nel programma, la ministra è stata improvvisamente interrotta da cori e insulti urlati da un gruppo di manifestanti. Questi ultimi si sono dichiarati a favore della causa palestinese, criticando la presenza della ministra e accusando il governo italiano di ambiguità politica nel conflitto tra Israele e Palestina.
Il Ministro Bernini, in visita all’Università di Siena per incontrare 8 studenti palestinesi arrivati in Italia da Gaza grazie alla missione umanitaria organizzata assieme al Vicepremier Tajani, è stata insultata da un gruppo di sedicenti studenti universitari pro-Pal. pic.twitter.com/GivCjpmQOW
— Forza Italia (@forza_italia) October 7, 2025
Tensione e sconcerto nel mondo accademico
La contestazione ha creato sconcerto tra le autorità universitarie e i presenti. Alcuni testimoni hanno definito l’episodio «una vergogna», sottolineando come il gesto sia apparso fuori luogo proprio perché rivolto a un’iniziativa che mirava ad aiutare direttamente gli studenti palestinesi. In molti, anche tra gli stessi studenti dell’ateneo, si sono dissociati dagli insulti rivolti alla ministra, parlando di strumentalizzazione politica di una visita con finalità umanitarie.
Nonostante la tensione, l’incontro tra il Ministro Bernini e gli studenti di Gaza si è svolto regolarmente, con momenti di commozione e gratitudine da parte dei giovani accolti in Italia. La ministra ha ribadito l’impegno del governo nel garantire «un futuro di studio e libertà» a chi proviene da contesti di guerra e sofferenza.
Le reazioni della politica e della società civile
La notizia dell’insulto al ministro Bernini ha immediatamente suscitato reazioni anche nel mondo politico. Diversi esponenti della maggioranza hanno espresso solidarietà alla ministra, condannando il gesto come «un atto di intolleranza» verso un rappresentante delle istituzioni impegnato in un’azione umanitaria. Dall’opposizione, alcune voci hanno chiesto di abbassare i toni e distinguere la legittima critica politica dal vilipendio personale.
Nel frattempo, anche numerose associazioni universitarie hanno espresso preoccupazione per il clima di radicalizzazione che si sta diffondendo negli atenei italiani in relazione alla guerra in Medio Oriente. «È necessario preservare l’università come spazio di confronto civile e democratico – si legge in un comunicato – e non permettere che diventi teatro di scontri ideologici violenti».

Il valore del dialogo in tempi di conflitto
Quanto accaduto a Siena rilancia il tema della libertà di espressione e dei limiti del dissenso, soprattutto quando si manifesta in ambienti che dovrebbero favorire la cultura, la pace e l’accoglienza. In questo senso, la visita del Ministro Bernini voleva essere proprio un segnale concreto: che l’istruzione può e deve essere un’alternativa alla guerra, e che anche in mezzo alle crisi internazionali più drammatiche, esistono spazi per costruire ponti tra le persone, al di là delle appartenenze e delle ideologie.
La contestazione – pur legittima nella forma di dissenso pacifico – ha invece mostrato quanto sia facile, anche in occasioni di solidarietà, lasciarsi travolgere dal clima di polarizzazione politica. E quanto oggi, più che mai, serva il coraggio di ascoltare e dialogare, senza urlare.