
Era uno di quei magistrati che hanno attraversato la storia giudiziaria italiana con rigore, silenzio e una profonda fede nella giustizia. Michele Morello, scomparso a 93 anni nella sua casa del Vomero, a Napoli, è stato il giudice della sezione che assolse Enzo Tortora, restituendo dignità a uno dei casi più dolorosi della storia del nostro Paese. Padre di Tullio Morello, oggi componente del Consiglio superiore della magistratura, lascia un’eredità di competenza, equilibrio e umanità.
Dopo la laurea in Giurisprudenza e l’uditorato, Morello intraprese una lunga carriera nella magistratura: pretore, giudice del Tribunale di Napoli, poi magistrato della Corte d’Appello e infine procuratore aggiunto alla Procura circondariale, dove coordinò importanti indagini, tra cui quella sui maltrattamenti nel carcere di Secondigliano a metà degli anni ’90. Concluse la sua carriera come procuratore generale a Campobasso, mantenendo sempre quella discrezione che aveva contraddistinto tutta la sua vita professionale.
Napoli lo ricorda come un uomo di grande cultura, capace di unire la fermezza del ruolo alla sensibilità di chi, dietro le carte, non dimenticava mai le persone.