
Alla fine è arrivato l’addio alla radice fondativa “lumbard”. Il partito sovranista senza dialetti di Salvini esce dall’ambiguità e cede ai meloniani la culla della Lega, la Lombardia. Qui, nel varesotto di Bossi e Maroni, tutto era nato. Da queste parti, profonda provincia lombarda, provengono ancora eminenti personalità come Giancarlo Giorgetti e Alberto Fontana, attuale governatore del Pirellone.
Non solo gli alleati Fratelli puntano, da tempo, alla Lombardia, ma lo fanno non con una elegante cittadina milanese tipo Moratti, ma con un uomo tipicamente da territorio, come i leghisti di una volta, con Ettore Prandini da Brescia, con azienda agricola familiare affacciata sul Garda, leader maximo della potente Coldiretti, che dopo aver votato DC era passata a votare i leghisti. Una scelta che toglie il terreno da sotto i piedi dell’elettorato storico leghista, quello delle quote latte, della Mucca padana.

Il processo di dematerializzazione dei totem leghisti, dal federalismo imbalsamato alle partite Iva, dalle ampolle ai capannoni artigiani, era in corso da lungo tempo, insieme al fatto di rincorrere meridionali e pensionati impauriti dalla globalizzazione e dall’insicurezza. Si è passato dal difendere persone forti nel loro lavoro ma mal rappresentate, a persone fragili e precarie, come spesso sono alcuni ceti del Sud.
Una rivoluzione completata su elettorato, obiettivi, rappresentanza, temi e orientamento politico, da regionalista a nazionalista sovranista sempre più a destra della Meloni. Tolta la bandiera lombarda della Lega è rimasto solo il nome, tenuto solo per comodità di scheda elettorale. Mai mutazione fu più profonda e radicale, nemmeno il fantozziano PD ci era mai riuscito.
La Lega con la decadenza, e poi morte, di Berlusconi poteva ereditare il popolo moderato che in grandissima parte si è astenuto per carenza di offerta politica, tentando di entrare nel PPE, famiglia politica di maggioranza in Europa e definendone una politica conservatrice, come i potenti e ricchi gemelli bavaresi della CSU. Ma ha scelto un’altra strada, ha scelto il vento del populismo nazionalista dell’est Europa.