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Paupisi, madre e figlio uccisi con una pietra di 12 chili: la figlia in coma lotta per la vita

Pubblicato: 09/10/2025 22:08

Una pietra di dodici chili, impugnata come un’arma. È con questo oggetto che, secondo i risultati delle autopsie, Salvatore Ocone avrebbe ucciso la moglie Elisa Polcino, 49 anni, e il figlio Cosimo, 15, nella loro casa di famiglia a Paupisi, nel Beneventano. Le perizie, affidate al medico legale Francesco La Sala su disposizione della Procura di Benevento, confermano quanto già emerso dai primi rilievi: entrambi sono morti per un colpo violento alla testa, inferto con estrema forza.

Il masso, recuperato dai carabinieri sul luogo della strage e posto sotto sequestro, presenta tracce compatibili con le ferite riscontrate sulle vittime. Un colpo secco, sferrato sul lato sinistro del capo, che non ha lasciato scampo. Dopo aver ucciso la moglie, Ocone avrebbe usato la stessa pietra per colpire i figli.

Elisa Polcino colpita nel sonno

Dalle ricostruzioni degli inquirenti emerge che Elisa Polcino sarebbe stata colpita mentre dormiva, nel letto matrimoniale. Non avrebbe avuto il tempo di reagire né di difendersi. La violenza del colpo ha causato la morte immediata.

Cosimo sorpreso nel soggiorno

L’autopsia sul corpo di Cosimo Ocone, trasferito dal Cardarelli di Campobasso al San Pio di Benevento, ha rivelato lesioni craniche analoghe a quelle della madre. Anche per lui, la morte sarebbe stata pressoché istantanea. Il ragazzo, a differenza della madre e della sorella, non dormiva: sarebbe stato sorpreso nel soggiorno, probabilmente dopo essersi accorto di quanto stava accadendo.

La figlia sopravvissuta

Restano gravi ma stabili le condizioni della figlia sedicenne, scampata alla furia del padre. È ricoverata al Neuromed di Pozzilli, dove i medici hanno sospeso il coma farmacologico. Secondo quanto trapelato, anche lei sarebbe stata colpita nel sonno, riportando un trauma cranico severo. È l’unica superstite della tragedia insieme al fratello Mario, che quella sera si trovava lontano da Paupisi per motivi di lavoro.

Una famiglia distrutta in pochi minuti, una comunità sconvolta che ora si stringe nel silenzio, in attesa che la giustizia possa dare un senso — se mai sarà possibile — a una strage consumata tra le mura di casa.

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