
Un caso che da decenni continua a sollevare dubbi, ombre e domande senza risposta. La morte di due giovani fidanzati, avvenuta in circostanze mai del tutto chiarite, torna oggi al centro dell’attenzione grazie a nuovi elementi che potrebbero riaprire una delle vicende più misteriose della cronaca italiana. Familiari, legali ed esperti chiedono che la verità venga finalmente accertata, dopo anni di ipotesi contrastanti e archiviazioni.
Al centro di questa nuova richiesta c’è un documento redatto alla fine degli anni ’90, rimasto per lungo tempo nell’ombra, ma che ora potrebbe rimettere in discussione quanto finora sostenuto nelle indagini ufficiali.
La tesi del criminologo: “Morte per annegamento, ma non accidentale”
Secondo il professor Francesco Bruno, neuropsichiatra e criminologo che nel 1998 firmò una relazione pro veritate sul caso, Luca Orioli e Marirosa Andreotta “sono morti entrambi per annegamento”, ma si tratterebbe di una morte “attribuibile a terze persone”. Il documento è stato incluso nella recente richiesta di avocazione delle indagini, presentata dall’avvocato Antonio Fiumefreddo per conto della famiglia Orioli, con l’obiettivo di trasferire il caso dalla Procura di Matera alla Procura generale di Potenza.
I due ventenni furono trovati senza vita nel bagno dell’abitazione della ragazza il 23 marzo 1988. Nel corso degli anni, le indagini vennero riaperte e chiuse più volte, con diverse perizie che alternavano ipotesi di folgorazione, elettrocuzioneo intossicazione da monossido di carbonio.
Le perizie e le incongruenze
Il parere di Bruno e degli altri esperti sottolinea che il primo esame esterno dei corpi, affidato alla dottoressa Rosa Salinardi, fu condotto in modo “frettoloso e superficiale”, senza nemmeno sollevare il lenzuolo che copriva i cadaveri. Inoltre, il medico avrebbe ammesso di essere stata “indotta a concludere rapidamente” seguendo la teoria prevalente del momento.
Le successive perizie, basate solo su documenti e fotografie, continuarono a confermare la tesi dell’incidente. Solo nel 1996, con la riesumazione dei corpi da parte dei periti Giancarlo Umani Ronchi e Claudio De Zorzi, emersero elementi differenti: nessuna traccia di morte elettrica o avvelenamento da monossido, ma segni compatibili con annegamento e possibili lesioni da intervento umano.
La relazione del ’98 ribadisce quindi un punto fermo: “Non si tratta di cause naturali né accidentali”. La famiglia, dopo 37 anni, continua a chiedere verità e giustizia per Luca e Marirosa, convinta che dietro quella tragica notte di Policoro si nasconda ancora un duplice omicidio.