
Dietro le mosse aggressive di Pechino sulle terre rare non c’è solo l’economia. C’è molto di più: Taiwan, i chip e l’equilibrio geopolitico mondiale. “La mossa della Cina è stata molto più dura delle precedenti, davvero stupefacente a pochi giorni dall’incontro tra Xi Jinping e Donald Trump“.
Lo spiega Alicia García-Herrero, economista e analista del think tank Bruegel, una delle maggiori esperte mondiali di relazioni sino-americane, in un’intervista con Filippo Santelli su Repubblica. Perché Pechino alzi la posta proprio ora, alla vigilia di un vertice delicatissimo, resta una domanda aperta. Ma per l’analista non c’è dubbio: “L’unico tema che giustifichi una reazione del genere è Taiwan“. E molti vedono proprio in Taiwan il vero focolaio di un nuovo conflitto mondiale.
Il cuore della sfida: i chip e l’isola contesa
Gli Stati Uniti stanno cercando di riportare sul proprio territorio la produzione dei semiconduttori più avanzati, un settore che oggi dipende in larga parte da Taiwan, isola che la Cina considera parte del proprio territorio.
Trump in cambio ha fatto qualche concessione – bloccando una vendita di armi americane a Taipei.
Ma, osserva García-Herrero, “Washington continua a negoziare con i taiwanesi per costruire fabbriche di chip sul suolo americano. È possibile che un accordo sia vicino, e questo a Pechino non piace per nulla”. In altre parole, la tecnologia è diventata la nuova arma strategica, e la contesa sui chip rischia di trasformarsi in un casus belli.

Trump ha bisogno di Xi, ma la Cina si sente più forte
«Trump ha più bisogno di Xi che il contrario», sottolinea García-Herrero. La campagna elettorale americana passa anche dal voto degli agricoltori, una base che soffre per il crollo delle esportazioni verso la Cina.
Ma Pechino, oggi, si sente più forte.
“La Cina ha ottenuto molto. L’accordo su TikTok non è un vero trasferimento del controllo a mani americane, eppure gli Stati Uniti sembrano pronti a riaprire il loro mercato agli investimenti cinesi. Persino i chip H20 di Nvidia tornano a essere esportati”.
La Cina però sa che l’arma delle terre rare – fondamentali per l’elettronica e la difesa – prima o poi perderà efficacia, perché gli Stati Uniti lavorano a un’autonomia strategica. Forse proprio per questo Xi sta accelerando, tentando di forzare la mano prima che sia troppo tardi.
Il rischio di un nuovo fronte globale
Per ora Trump si limita a minacciare, ma se dovesse reagire concretamente, “l’incontro con Xi salterebbe e l’escalation potrebbe ripartire”. Uno scenario inquietante, che gli analisti occidentali temono possa far precipitare i rapporti fra Washington e Pechino su un piano pericoloso, con ripercussioni globali.
L’ombra di una nuova guerra fredda, o peggio, di un conflitto diretto tra le due superpotenze, non è più fantascienza. Come avverte García-Herrero, “se le dai un dito, la Cina si prende tutto il braccio“.
E il mondo, ancora una volta, rischia di bruciare tra le fiamme di un potere senza equilibrio.