Vai al contenuto

Social vietati ai minori di 16 anni: l’Australia lancia il piano più duro di sempre

Pubblicato: 11/10/2025 14:26

La stretta normativa del governo australiano sull’accesso ai social media per i minori di 16 anni segna un potenziale punto di svolta globale nella regolamentazione delle piattaforme digitali. L’iniziativa, promossa con forza dalla Commissaria eSafety Julie Inman Grant, mira a erigere una barriera protettiva contro le crescenti minacce online, come il cyberbullismo e l’esposizione a contenuti nocivi che possono minare la salute mentale dei più giovani.

L’introduzione di sistemi obbligatori di verifica dell’età è l’elemento centrale di questa manovra, che, sebbene mossa da intenti lodevoli, ha immediatamente acceso un vivace dibattito che tocca le corde sensibili della privacy e dell’affidabilità tecnologica. La posta in gioco è alta: bilanciare la sicurezza dei minori con il diritto alla riservatezza dei dati personali in un’epoca in cui la vita digitale è sempre più intrecciata con quella reale.

L’obiettivo: proteggere la salute mentale dei giovani

Il fondamento etico e sociale della proposta risiede nella crescente consapevolezza degli effetti deleteri che l’uso incontrollato dei social network può avere sul benessere psicologico degli adolescenti. La Commissaria Grant ha evidenziato, durante la sua relazione al Senato federale, la necessità di agire contro l’esposizione a contenuti tossici legati all’immagine corporea, alla misoginia e a varie forme di pressione psicologica online. Questa preoccupazione è condivisa dal governo australiano, che ha fornito il suo pieno appoggio alla misura, definendola necessaria per salvaguardare i minori. Le piattaforme prese di mira sono tra le più pervasive e influenti a livello mondiale: YouTube, Facebook, Instagram, TikTok e Snapchat. L’Australia si propone dunque come pioniere normativo, cercando di stabilire un modello che potrebbe essere replicato da altri Paesi che si trovano ad affrontare sfide simili nella protezione dei loro cittadini più giovani nell’ecosistema digitale.

La sfida tecnologica della verifica dell’età

Il piano normativo australiano non si limita a dichiarazioni d’intenti, ma si basa su una sperimentazione concreta commissionata dall’esecutivo, che ha analizzato oltre 50 tecnologie di verifica dell’età. I risultati preliminari di questo studio sono stati presentati come incoraggianti, suggerendo che non esisterebbero ostacoli tecnologici insormontabili all’implementazione del divieto. Secondo Grant, le tecnologie attuali sono sufficientemente mature per permettere un’identificazione efficace dell’età e l’applicazione del blocco.

Tuttavia, l’analisi ha anche messo in luce i margini di errore che continuano a destare preoccupazione, in particolare per i giovani vicini alla soglia dei 16 anni. È stato segnalato un tasso dell’8,5% di falsi positivi per i sedicenni, un dato significativo quando si tratta di negare l’accesso a piattaforme essenziali per la socializzazione e l’informazione.

Un esempio emblematico di queste tecnologie è la scansione facciale, testata su studenti: questa tecnica è riuscita a stimare l’età con una precisione entro i 18 mesi nell’85% dei casi. Sebbene interessante, un’affidabilità con un margine di errore così ampio solleva seri interrogativi sull’appropriatezza di applicarla per una soglia anagrafica rigida e netta. La questione dell’affidabilità tecnologica rimane quindi un punto critico nel dibattito.

Le controversie sulla privacy e la sorveglianza

Il nodo più spinoso della proposta australiana è indubbiamente quello relativo alla privacy e alla tutela dei dati personali. Esperti e accademici hanno lanciato un allarme sul rischio che le tecnologie di controllo dell’età possano degenerare in strumenti di sorveglianza di massa. Sebbene la legge non preveda l’obbligo per gli utenti di fornire documenti ufficiali come passaporti o patenti, impone alle piattaforme l’onere di sviluppare e implementare metodi alternativi per la determinazione dell’età.

È proprio in questa ricerca di metodi alternativi che si annida il potenziale rischio per la riservatezza. L’uso della scansione facciale o di altri sistemi biometrici, pur non richiedendo documenti, comporta la raccolta e l’elaborazione di dati sensibili di milioni di utenti, compresi gli adulti. La grande domanda senza risposta è: come garantire che questi dati raccolti ai fini della verifica dell’età non vengano conservati, profilati o utilizzati per fini di sorveglianza o commerciali, trasformando di fatto le piattaforme in apparati di identificazione e monitoraggio permanenti? Il rischio di una deriva sorvegliante è il principale argomento sollevato dai detrattori della proposta, i quali temono un’erosione delle libertà digitali in nome della sicurezza.

La reazione dei colossi tech e gli scenari futuri

L’introduzione di una normativa così stringente ha subito incontrato la resistenza dei giganti del web. La Commissaria Grant ha rivelato che Google e YouTube hanno espresso la loro convinzione di non ritenersi soggetti alla nuova normativa australiana. Questa presa di posizione preannuncia un potenziale braccio di ferro legale e politico tra le autorità australiane e alcune delle piattaforme più influenti a livello globale. La loro riluttanza potrebbe derivare sia da preoccupazioni relative ai costi di implementazione e alla complessità tecnica, sia dalla potenziale creazione di un precedente normativo scomodo a livello internazionale.

Se approvata e pienamente attuata, la legislazione australiana potrebbe non solo rimodellare l’ambiente digitale per i minori in quel Paese, ma rappresentare un modello normativo da seguire per altre nazioni. Molti governi sono alla ricerca di soluzioni per affrontare l’accesso incontrollato ai social da parte dei più giovani e le annesse problematiche sociali. L’esito dello scontro tra Canberra e le big tech avrà, pertanto, un impatto che andrà ben oltre i confini australiani, definendo un nuovo capitolo nella regolamentazione globale di Internet e nel bilanciamento tra libertà, privacy e protezione dei minori nell’era digitale.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure