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“Stasi è innocente”. Garlasco, l’annuncio arriva in diretta

Pubblicato: 11/10/2025 00:01

La recente apparizione dell’avvocato De Rensis alla trasmissione “Farwest“, in onda in prima serata su Rai 3, ha riacceso i riflettori su uno dei casi di cronaca nera più discussi e controversi della storia giudiziaria italiana: il caso Garlasco, che vede come unico condannato Alberto Stasi per l’omicidio di Chiara Poggi.

Le dichiarazioni del legale, che sostiene con fervore l’innocenza del suo assistito, non sono state solo una difesa appassionata, ma una vera e propria accusa al modus operandi delle prime indagini e del processo che ha portato alla condanna definitiva. L’avvocato ha palesato l’esistenza di motivazioni talmente numerose e complesse da richiedere, a suo dire, “dieci trasmissioni” per essere esposte completamente.

Le critiche alla prima indagine

La base argomentativa dell’avvocato De Rensis si fonda su una critica radicale all’indagine iniziale condotta a Vigevano. Egli non usa mezzi termini, definendola “una delle peggiori della storia giudiziaria italiana“. Questa valutazione così netta e severa si basa sulla presunta esistenza di “errori e orrori” procedurali e investigativi che avrebbero inficiato l’intero percorso giudiziario. Il punto cruciale sollevato dal legale è la cancellazione di un alibi che, secondo la sua visione, costituisce un “orrore” giuridico e morale di inaudita gravità. In un sistema che dovrebbe tutelare l’imputato con il principio del ragionevole dubbio, minare le basi di una possibile difesa equivale a una distorsione della ricerca della verità. La debolezza delle fondamenta investigative avrebbe, quindi, creato una catena di conseguenze che hanno portato a un esito giudiziario, per l’avvocato, ingiusto.

La doppia assoluzione come prova d’innocenza

Uno degli argomenti più forti portati a sostegno dell’innocenza di Stasi è il dato di fatto che Alberto Stasi è stato assolto due volte nei precedenti gradi di giudizio. In Italia, un’assoluzione, ancor più se reiterata, rappresenta un momento significativo in cui le prove a carico non sono state ritenute sufficienti a superare la soglia dell’oltre ogni ragionevole dubbio. Per De Rensis, queste due sentenze di assoluzione non sono semplici esiti procedurali, ma prove concrete del fatto che la colpevolezza di Stasi non era affatto lapalissiana o inequivocabile. Sebbene la condanna in Cassazione abbia poi ribaltato la situazione, l’avvocato sottolinea la contraddittorietà di un percorso giudiziario così altalenante, che getterebbe un’ombra sulla solidità delle conclusioni finali.

Il comportamento esemplare dell’imputato

L’avvocato De Rensis ha tenuto a evidenziare il comportamento tenuto da Alberto Stasi durante tutti gli anni delle indagini e dei processi. Lo ha definito “esemplare e rispettoso“, un atteggiamento che contrasterebbe con l’immagine di un reo intenzionato a nascondere la verità o a ostacolare la giustizia. Il legale ha specificato che Stasi “si è sempre fatto interrogare“, “ha sempre dato il Dna” e “è sempre stato lineare” nelle sue dichiarazioni e nella sua condotta. Questo cooperativismo con le autorità è presentato come un ulteriore indizio, se non di innocenza, perlomeno di una totale trasparenza e di un’assenza di reticenza, elementi che mal si conciliano con il profilo di un assassino che tenta di coprire le proprie tracce. In questa prospettiva, la condotta di Stasi si porrebbe in netto contrasto con la “narrazione tossica” che, secondo il legale, ha avvelenato l’opinione pubblica e, forse, influenzato anche il dibattimento.

La narrazione tossica e l’opportunità di riscrittura

Un aspetto cruciale sollevato da De Rensis è l’influenza mediatica e la costruzione di una “narrazione tossica” intorno alla figura di Stasi e al caso. Spesso, nei casi di alta risonanza mediatica, l’attenzione del pubblico e le ricostruzioni giornalistiche possono pregiudicare la serenità del giudizio e creare un clima di colpevolezza percepita ancor prima di quella stabilita in aula. L’avvocato suggerisce che questa “narrazione” abbia giocato un ruolo determinante. Tuttavia, il legale ha espresso un cauto ottimismo riguardo al futuro, affermando che “Oggi abbiamo l’opportunità di scrivere la realtà in un altro modo“. Questa speranza si basa sulla notizia di una nuova Procura che sta approfondendo il caso, una mossa che potrebbe rappresentare una revisione critica degli elementi che hanno portato alla condanna definitiva.

Le basi opinabili della condanna e la nuova indagine

Infine, l’avvocato ha messo in discussione la solidità giuridica del processo che ha portato alla condanna definitiva di Stasi. Secondo lui, anche il verdetto finale poggerebbe su “basi molto opinabili“. Il focus dell’attenzione si sposta così sulla qualità delle prove e sulla loro interpretazione da parte della Corte d’Appello e della Cassazione. La speranza di De Rensis è che l’attuale indagine di approfondimento possa finalmente “riuscire a dimostrarlo“, ovvero che le basi della condanna erano, e sono, fragili o viziate. L’apertura di un nuovo fascicolo investigativo viene vista, quindi, come l’ultima e forse decisiva possibilità per fare piena luce sulla vicenda e per dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’innocenza di Alberto Stasi, riequilibrando il dibattito giudiziario e mediatico.

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